Ondata di dimissioni: in cinquecentomila lasciano il lavoro nel secondo trimestre 2021

Secondo i dati appena diffusi dal Ministero del lavoro, nell’ultimo trimestre di quest’anno si è verificato un fenomeno allarmante. Si tratta di una vera e propria ondata di dimissioni volontarie da parte di circa cinquecentomila lavoratori.

Questa circostanza, nel nostro Paese, va di pari passo con i preoccupanti dati resi noti dall’Istat, secondo i quali ad agosto scorso c’erano mezzo milione di occupati in meno rispetto al 2020. Cosa sta succedendo? Sono i primi segnali di un mercato del lavoro in fase di cambiamento?

O, semplicemente, un effetto Covid-19 anche sulla nostra economia già martoriata dalla crisi? Secondo un’analisi condotta da Francesco Armillei, ricercatore della London School of Economics di Tortuga: “Il Covid-19 ha funzionato come un grilletto,” facendo letteralmente esplodere un fenomeno di cui già c’erano de segnali.

Ondata di dimissioni anche in Italia: cosa succede?

Tra aprile e giugno, infatti, ci sono state 484mila dimissioni  su un totale di 2,5 milioni di contratti cessati. Di queste, 292mila da parte di uomini e 191mila da parte di donne. Una vera e propria ondata di dimissioni, se si confrontano i dati con quelli dello scorso anno.

L’incremento nel numero di dimissioni, rispetto al trimestre precedente, è del 37%. La crescita è addirittura dell’85%, se si paragona, appunto, con il secondo trimestre del 2020. Ma anche un confronto con il 2019 risulta impietoso, poiché il numero di dimissioni risulta più alto del 10%, evidenziando l’accaduto come un fenomeno interessante da analizzare.

ondata di dimissioni
Ondata di dimissioni in Italia: perchè? – Sistema Generale

“Negli Stati Uniti hanno già coniato un nuovo termine: la chiamano Great Resignation,” ha spiegato Francesco Armillei su lavoce.info. Con questo termine si descrive la situazione di molti lavoratori del settore terziario già talmente oberati di lavoro nel 2019, da arrivare alle dimissioni volontarie nell’arco del 2020, complice l’emergenza pandemica.

A quanto pare, il fenomeno potrebbe essersi spostato, recentemente, anche nel nostro Paese. Tutti questi lavoratori non avrebbero trovato altra soluzione alle loro difficili condizioni di lavoro, se non le dimissioni volontarie. In molti, tuttavia, non vedrebbero in questa ondata di dimissioni un fenomeno preoccupante.

Effetto Covid-19 o Great Resignation?

Bensì, una tendenza sintomo di grandi stravolgimenti positivi del mercato del lavoro a livello globale, anche in Italia. E, dunque, un fattore di miglioramento endemico dell’economia, se alle dimissioni consegue un adeguato ricollocamento delle risorse.

E’ presto per dire se ciò stia realmente accadendo in Italia, Paese in cui, storicamente, il mercato del lavoro è poco flessibile in quanto a possibilità di ricollocamento adeguato dei lavoratori. Sembra ancora difficile capire se può trattarsi di un fenomeno del momento o permanente.

ondata di dimissioni
Il fenomeno – Sistema Geneale

“Se l’aumento si dimostrasse soltanto temporaneo potrebbe essere interpretato come il frutto di un mercato del lavoro “congelato” per molti mesi,” ha spiegato Armillei, “sia per motivi di andamento del ciclo economico sia per le politiche pubbliche adottate per fronteggiare la crisi – come la cassa integrazione Covid- , e che affronta una fase di riassestamento nel momento in cui comincia lo “scongelamento”. Potrebbe trattarsi di dimissioni programmate, ma rimandate durante la pandemia”.

“Potrebbe trattarsi di dimissioni forzate dai datori di lavoro di fronte a una contrazione dell’attività economica e di politiche quali il blocco dei licenziamenti. Oppure potrebbero essere le dimissioni di chi ha avuto una sorta di “epifania” durante la crisi riguardo la propria carriera e ora si dimette per cercare un lavoro più adatto, più rispondente alle nuove esigenze”.

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Se, invece, questo fenomeno di dimissioni di massa fosse solo temporaneo, sarà interessante analizzare chi sono i lavoratori che hanno fatto questa scelta, soprattutto in Italia. E, in particolare, con quali conseguenze. In che modo questi lavoratori si ricollocheranno sul mercato del lavoro? La loro scelta è stata davvero “volontaria” o si è trattato di una decisione obbligata da condizioni di lavoro troppo difficili? Per scoprire cosa accadrà in futuro non ci resta che attendere.

Alessandra Rinaldi

Nuove priorità per i lavoratori: benessere al primo posto

Il Randstad workmonitor global report, diffuso poche settimane fa, ha parlato chiaro. Dopo un’indagine condotta in quindici Paesi, è risultato evidente che i giovani lavoratori hanno nuove priorità nella scelta di un luogo di lavoro.

Complice la tecnologia e lo scoppio della Pandemia, molti lavoratori si sono resi conto di avere nuove priorità nella scelta di un posto di lavoro. Non più solo stipendi alti e prestigio sociale. Ma, prima di tutto, il benessere.

Nuove priorità post Pandemia per i lavoratori

In particolare, a guidare le scelte dei più giovani, è il cosiddetto work-life balance. In poche parole, il giusto equilibrio tra vita privata e tempo trascorso sul posto di lavoro. Ma anche un luogo di lavoro sano. Per questo, per i lavoratori è sempre più importante privilegiare un’atmosfera serena nel luogo di lavoro e, solo in un secondo momento, benefit e retribuzione.

Secondo il Randstad workmonitor global report condotto in quindici Paesi, gli aspetti più ricercati da un giovane lavoratore all’interno di un’azienda sono:

  • equilibrio vita-lavoro
  • ambiente piacevole
  • retribuzione adeguata.
nuove priorità
Nuove priorità per i lavoratori – Sistema Generale

Quest’ultimo aspetto rimane sempre importante nella scelta di un luogo di lavoro da parte di un lavoratore appena entrato a far parte del mercato del lavoro. Tuttavia, secondo questo studio recentemente reso noto, la Pandemia ha contribuito a modificare le esigenze dei lavoratori che hanno nuove priorità maggiormente legate al benessere fisico e psicologico sul luogo di lavoro e non solo ai benefit economici.

Il benessere è più importante dello stipendio?

“I dati di questo report dicono che il futuro ci riserva un mondo del lavoro completamente smart e libero da rigidi orari e goal-focused, ma soprattutto con una concezione del tempo in ufficio completamente nuova – ha commentato Betty Pagnin, People & Culture Director ed Equity Partner di OneDay Group.

“Le aziende dovranno fare i giusti investimenti per reinventare il design degli uffici, trasformarli in luoghi di aggregazione più che di lavoro, questo per andare incontro al nuovo work-life balance post Pandemia. OneDay Group racchiude tutte le caratteristiche che il report indica come fondamentali. Alcuni esempi? Il work-life balance è protagonista in OneDay: ognuno ha la libertà di lavorare quando e dove vuole ed è impossibile fare tardi perché il cartellino non esiste”.

nuove priorità
Il benessere sul luogo di lavoro – Sistema Generale

“Nonostante ciò,” ha evidenziato Betty Pagnin, “si incentiva l’incontro, perché spesso il lavorare insieme migliora la velocità e la qualità d’esecuzione: il team è pur sempre una community. E visto che si promuove l’incontro, aggiungiamo anche l’ambiente piacevole. La sede di Milano è un mega building con meeting room a tema (Risiko o Super Mario per citarne un paio), una piscina di palline e i pouf per rilassarsi lavorare comodamente”.

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“Poi però bisogna anche supportare la crescita dei propri lavoratori e c’è un sistema di welfare che lo fa ogni giorno: decine di convenzioni, bonus bebè e matrimonio e Academy interne per rimanere al passo con i tempi”.

Alessandra Rinaldi

Obiettivo raggiunto nel riciclo della carta: Italia supera UE

Nel nostro Paese un importante obiettivo per la salvaguardia dell’ambiente è stato appena raggiunto, decisamente in anticipo rispetto agli impegni presi con l’Unione Europea. Stiamo parlando del riciclo della carta.

obiettivo raggiunto
Riciclo carta – Sistema Generale

Lo scorso anno, infatti, il tasso di riciclo degli imballaggi di carta e cartone in Italia ha superato, con ben quindici anni di anticipo, l’obiettivo europeo dell’85%, fissato per il 2035, arrivando all’87,3%.

Obiettivo raggiunto in anticipo per l’Italia nel riciclo della carta

L’Unione Nazionale delle Imprese di recupero e riciclo maceri (Unirima) ha reso pubblica questa notizia, presentando il Rapporto 2021, realizzato con Althesys.

Nonostante il contesto globale abbia risentito della crisi pandemica, ha spiegato Unirima, i seicento impianti di riciclo distribuiti in Italia hanno prodotto 6,8 milioni di tonnellate di carta da macero. Ciò ha permesso di  aumentare del 3,2% la produzione di materia prima rispetto all’anno precedente, rispondendo in modo più che soddisfacente al fabbisogno di mercato.

obiettivo raggiunto
Raccolta differenziata – Sistema Generale

Scendendo più nel dettaglio, la raccolta di carta e cartone in Italia ha interessato circa sette milioni di tonnellate di materiale. Di queste, 4,96 milioni di tonnellate sono state riutilizzate nel mercato interno, mentre le rimanenti 1,81 milioni di tonnellate sono state esportate all’estero.

Ciò, probabilmente, grazie anche alla serietà con cui i cittadini stanno svolgendo la raccolta differenziata domestica, oltre allo smaltimento di tipo industriale. Senza contare l’importanza attribuibile sul mercato del lavoro a questo settore in crescita, indotto incluso. E’ proprio grazie alla collaborazione di tutti che l’obiettivo stabilito dall’Unione Europea è stato raggiunto con grande anticipo nel nostro Paese.

I cambiamenti del PNRR

Insomma, a partire dal riciclo della carta, gli Italiani hanno sempre più a cuore le problematiche ambientali e di sostenibilità, attuando comportamenti concreti di vita quotidiana per migliorare la situazione.

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In questo cambiamento di rotta avrà un ruolo anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Infatti, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano, finanziato dall’Unione europea, prevede complessivamente 58,47 miliardi di euro per l’attuazione di iniziative nell’ambito della Rivoluzione verde e la transizione ecologica. Di questi, circa 1,5 miliardi saranno destinati alla realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e all’ammodernamento di quelli già esistenti. Un aiuto consistente per un progetto sempre più ambizioso.

Alessandra Rinaldi

Competenza digitale Vs Curriculum Vitae: il futuro dell’occupazione

Anche se la crisi dovuta dalla Pandemia ancora in corso sembra frenare l’occupazione, in Italia si prevedono un milione di posti di lavoro in più entro il 2026. Meglio, dunque, farsi trovare pronti e comprendere ciò che oggi rende davvero maggiormente competitivi sul mercato del lavoro.

A fare un quadro piuttosto chiaro della situazione attuale ci ha pensato Francesca Devescovi, Ceo di DigitAlly, impresa nata in seno a Microsoft per accelerare l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro, formando le nuove leve all’uso di strumenti digitali.

competenza digitale - sistema generale
Competenza digitale Vs Curriculum Vitae: parlano gli esperti – Sistema Generale

«La tendenza è del tutto evidente: si chiedono sempre di più specialisti nell’analisi dei dati digitali, digital marketing, project management e e-commerce. Nel mondo digitale tutto è misurabile per cui ovunque è richiesto un approccio guidato dai dati. Per questo trovo assurdo che le università italiane non insegnino come si usano Excel o Google Analytics, che invece sono la base di qualsiasi lavoro che si andrà a fare».

Ecco, dunque, che una buona padronanza degli strumenti digitali acquisita, sia attraverso la formazione scolastica, sia attraverso l’esperienza sul campo, è fondamentale per entrare nel mondo del lavoro di oggi, a prescindere dalla posizione che si occupa.

Competenza digitale “batte” Cv: la pratica vince sulla teoria

«Per tanti colossi aziendali, Google in testa, il saper fare vince sul curriculum», spiega Andrea Zanotti, Presidente dell’Opificio Golinelli, centro bolognese che coniuga la formazione, soprattutto in ambito digitale, con la nascita di attività imprenditoriali d’eccellenza.

Saper leggere i dati attraverso strumenti digitali e, quindi, interpretarli correttamente, sembra essere, al giorno d’oggi, più importante dell’acquisizione dei titoli curriculari meramente scolastici, ma senza un’adeguata esperienza sul campo.

Da qui la necessità che anche il sistema scolastico prenda maggiormente in considerazione questa esigenza del mondo del lavoro, formando i giovani in questa direzione. Una competenza digitale di buon livello è fondamentale per entrare e rimanere con successo nel mondo del lavoro di oggi, gli esperti sono tutti d’accordo in tal senso.

Oltre allo studio teorico, occorre sempre più esperienza pratica e propensione all’analisi dei dati e all’utilizzo di strumenti digitali per ottenere risultati migliori sia nell’ingresso, sia nella performance lavorativa continuativa. Un buon curriculum scolastico non è più l’unica carta vincente da giocare per trovare il lavoro dei propri sogni.

Alessandra Rinaldi

Robotica e automazione dei processi produttivi: efficienza ed incremento dell’occupazione

Il nuovo studio dell’INAPP – Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche- che si occupa di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche economiche, sociali e del lavoro, nonché dei settori dell’istruzione e della formazione professionale con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo scientifico, economico e sociale del Paese, sorprende con i suoi risultati circa l’incremento dell’occupazione e il miglioramento della sua efficienza dovuta alla robotica e automazione dei processi produttivi.

Robotica e automazione dei processi produttivi: efficienza ed incremento dell’occupazione – Sistema Generale

Nel periodo di riferimento che va dal 2011 al 2018, infatti, questo studio effettuato in partenariato con l’Università di Trento e l’Istituto di Statistica della Provincia di Trento ha dimostrato come non si sia verificato il paventato pericolo di sostituzione da parte dei robot industriali dei lavoratori “umani” ma, al contrario, determinato un aumento di quasi il 50% in poco meno di dieci anni di tutte quelle figure professionali che, invece, si occupano della programmazione, dell’installazione e della manutenzione dei robot.

L’efficienza ed incremento dell’occupazione dovuta alla robotica e automazione dei processi produttivi

Da questo risultato emerge anche una interessante valutazione coerente con l’idea secondo cui all’investimento da parte delle imprese per la robotizzazione dei processi produttivi, corrisponde un incremento del numero di lavoratori che svolgono le attività complementari, determinando una ulteriore intensificazione delle occupazioni routinarie di tipo cognitivo, fenomeno conosciuto con il nome di “reinstatement effect”.

Questa analisi, presentata al “Firms and Workers at the Crossroad: Automation and Market Power” a conclusione del progetto di ricerca finanziato dalla Fondazione Caritro di Trento, rivela la natura complessa della relazione esistente tra robotizzazione e dinamiche del mercato del lavoro, stabilendo come, oltre a generare un incremento dell’indotto delle figure tecnico specialistiche, ci sia una significativa riduzione del “peso” relativo delle occupazioni che prevedono un intenso impegno fisico del lavoratore stesso.

Durante l’evento il Presidente dell’INAPP Sebastiano Fadda ha ben spiegato come “non bisogna avere paura dei robot, che possono costituire più un’opportunità che uno svantaggio per il mondo del lavoro. I robot già ora rendono il lavoro più efficiente e al tempo stesso esonerano le persone da compiti ripetitivi, poco qualificanti e usuranti, permettendo loro di occuparsi di mansioni più gratificanti e produttive”.

Ma se della robotica inserita nei processi produttivi non bisogna (necessariamente) avere paura, è anche vero che risulta essere necessario instaurare un piano di riqualificazione delle figure professionali interessate ed associate all’automazione e all’uso della cosiddetta intelligenza artificiale, per non creare un conflitto tra lavoratori e robot.

Francesca Tesoro

Le figure professionali più richieste: spazio ai Comunicatori

Per i giovani si avvicina il momento di scegliere il percorso formativo universitario per prepararsi al meglio ad entrare nel mondo del lavoro, così diventa veramente un ottimo spunto di riflessione lo studio appena pubblicato da Tutored che ha lanciato la prima edizione dell’Osservatorio Nazionale sul recruitment online che riguarda i giovani laureati italiani, facendo emergere la grande richiesta dei cosidetti Comunicatori.

Le figure professionali più richieste: spazio ai Comunicatori – Sistema Generale

Tutored è una startup che si propone come nuovo punto d’incontro digitale per studenti universitari e neolaureati con oltre cento aziende e multinazionali dando l’ulteriore possibilità di consultare approfondimenti specifici per orientare il proprio percorso professionale, di prendere parte a webinar formativi e incontri virtuali direttamente con i recruiter delle aziende partner organizzati dalla stessa piattaforma, creando una attività di recruiting basata su avanzati strumenti di analisi dei candidati ritenuti target.

La prima edizione dell’Osservatorio Nazionale sul recruitment online di Tutored pubblica  il quadro delle figure professionali più richieste

 

L’Osservatorio Nazionale sul recruitment online ha considerato i dati raccolti nell’intero anno 2020, degli oltre 500.000 studenti iscritti alla piattaforma e delle interazioni che hanno generato più di 87.000 candidature, facendo emergere le figure professionali più ricercate dalle aziende.

Al giorno d’oggi, anche per il mutamento generale del mondo del lavoro, il settore aziendale e le attenzioni dei recruiter sono orientate all'”Informatica, Tecnologia e Ricerca & Sviluppo”, alle aree del “Commerciale, Vendite, e Pubbliche Relazioni”, della “Comunicazione e Marketing” e della “Consulenza”, ciascuna con peso pari al 10%.

Restano alte le percentuali di annunci relativi alla materie Stem, per arruolare ingegneri per un 38.9%, economisti nella misura del 31.2%, matematici, fisici e statistici per il 10.2%, facendo “scivolare” i laureati in studi umanistici, scienze politiche, contabilità finanza e banking, risorse umane, architettura e design e giurisprudenza in fondo alla classifica delle percentuali che non arrivano all’8%.

Accanto al percorso strettamente formativo, sono fondamentali le soft skills, prima tra tutte quelle legate alle capacità relazionali e di comunicazione, di problem solving, di team working e di organizzazzione, nonché l’immancabile, ormai, conoscenza delle lingue straniere, prima tra tutte l’inglese che viene richiesta ad un livello abbastanza alto in almeno il 54% degli annunci pubblicati.

Francesca Tesoro

Maturità 2021: prove orali per 540.000 studenti

Con i primi studenti chiamati a sostenere la prova orale dell’esame di stato da mercoledì 16 giugno, è iniziata la Maturità 2021 per 540.000 studenti delle scuole superiori italiane.
Anche quest’anno l’esame di stato, tempo di passaggio e primo grande esame della vita dei giovani, sarà svolta con una maxi prova orale in sostituzione delle classiche prove scritte e colloquio finale.

Per quanto la pandemia abbia accelerato il percorso di cambiamento dell’esame di stato, già con il Decreto Legislativo n.62 del 2017 – uno degli otto decreti attuativi della L. 107/2015 conosciuta come “Buona Scuola” – era stata avviata la riforma della prova conclusiva delle scuole superiori, con l’obiettivo di semplificare le prove e dare maggior peso al curriculum scolastico degli alunni.

540mila studenti chiamati alla Maturità 2021 con la prova orale interdisciplinare

Il maxi orale, della durata di sessanta minuti, impegnerà gli studenti con una interrogazione strutturata in diverse fasi per accertare il profilo culturale, educativo e, ove previsto, professionale degli studenti, discutendo difronte le rispettive commissioni formate da un presidente esterno e sei membri del proprio consiglio di classe.

Il colloquio rafforzato inizierà per tutti con l’esposizione dell’elaborato creato sull’argomento che è stato assegnato ad ogni studente dal consiglio di classe nel corso dell’anno sulla base del percorso svolto e delle discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi frequentato, affiancato dalle altre discipline scolastiche ed esperienze e competenze trasversali nonché individuali dello studente.

Maturità 2021 – Sistema Generale

Terminata questa prima fase, l’esame continuerà con la discussione interdisciplinare che inizia da un testo appartenente all’insegnamento di lingua e letteratura italiana con l’analisi di materiali predisposti dalla commissione per arrivare a trattare i nodi concettuali delle diverse discipline scolastiche.
Anche i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, i famosi PTCO ovvero il percorso ex alternanza scuola-lavoro, saranno oggetto della discussione come lo saranno le competenze e le conoscenze dell’educazione civica.

Ottime le percentuali di ammissione che sfiorano il 97% del totale degli studenti, considerando che quest’anno è tornato il pauroso scoglio dell’ammissione all’esame sospeso per l’anno scolastico precedente e, si spera, che siano altrettanto alti i dati delle promozioni.
Insomma, è l’ora di diventare (un po’ più) grandi ragazzi! E in bocca al lupo!

Francesca Tesoro

Istituti Tecnici Superiori: il nuovo passe-partout per i giovani

Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono stati introdotti dal Dpcm del 2008 con la riforma della scuola e rappresentano, ormai, in modo consolidato un passe-partout per i giovani nel mondo del lavoro, forse anche più delle Università. Percorsi di Istruzione Terziaria di eccellenza e ad alta specializzazione tecnologica post diploma, rappresentano la sinergia e l’integrazione della formazione con il lavoro con le politiche industriali prevedendo percorsi formativi riferiti alle aree tecnologiche considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del Paese.

Con un bacino di iscritti che si aggira intorno ai ventimila studenti di cui “solo” 3.761 si sono diplomati nel 2019, rappresentano un ottimo trampolino di ingresso nel mondo del lavoro per i giovani.

Il miglior modo per i giovani per accedere al mondo del lavoro: gli Istituti Tecnici Superiori

Il monitoraggio annuale effettuato dal MIUR e INDIRE ha dismostrato come, nonostante la pandemia e il lockdown, l’80% dei diplomati degli ITS ha trovato lavoro entro un anno dal diploma e, dato ancor più sorprendente, nel 92% dei casi l’impiego è stato una prosecuzione naturale del persorso “aula-onthejob” svolto dagli studenti. Il 60% dei contratti che hanno impegnato questi diplomati, sono nella maggiorparte dei casi a tempo indeterminato o in apprendistato, quindi, da ritenersi assolutamente stabili anche grazie all’Industria 4.0.

Istituti Tecnici Superiori: il nuovo passe-partout per i giovani – Sistema Generale

Il punto di Forza degli Istituti Tecnici Supriori è sicuramente la flessibilità organizzativa e didattica, il 41% delle ore del percorso formativo vissuto in stage e il 27% nei laboratori, nonché il fondamentale partenariato instaurato con 83 Fondazioni Its che fanno da anello di congiunzione tra la scuola e il mondo del lavoro.

Nonostante il mondo del lavoro, in via generale, si sia dovuto scontrare con la pandemia, la richiesta di super-tecnici da parte delle imprese italiane, in realtà, non è diminuita andando in contro tendeza soprattutto in quei settori chiave come il metalmeccanico, la moda, il legno arredo, il chimico-farmaceutico, dove all’alto tasso di domanda di personale specializzato non è stato possibile reperire soggetti qualificati e formati per ricoprire le posizioni vacanti.

La considerazione che viene riservata – dalla scuola, dalle famiglie e dai ragazzi – a questi istituti superiori post diploma non è ancora quella giusta, considerato che forniscono tantissime e validissime opportunità ai nostri giovani, soprattutto per accedere direttamente al mondo del lavoro, dove si stima che alle imprese servano quasi ventimila diplomati ITS ed invece, ogni anno, ne arrivano poco meno di cinquemila.

Francesca Tesoro

Pandemia e Lavoro: la grande crisi degli Autonomi

La pandemia non ha solo cambiato il nostro modo di vivere, di comportarci e di rapportarci con gli altri, ma ha cambiato soprattutto il mondo del lavoro e la situazione lavorativa di molte categorie. L’effetto combinato tra Covid-19, crollo dei consumi e delle richieste di servizi in modo trasversale, ha determinato una vera e propria crisi degli Autonomi.

Proprio i lavoratori autonomi, i lavoratori occasionali e i piccoli operatori economici, i precari e liberi professionisti titolari di Partite IVA e, più in generale, i lavoratori indipendenti, sono coloro i quali hanno subito il peggior scotto di questa “nuova era” e della crisi generata dalla pandemia.

I dati della Banca d’Italia del 2020 e i Rapporti Istat del 2021 che riguardano trasversalemente il lavoro non dipendente, sono davvero pessimi e preoccupanti. Parliamo di lavoratori che rappresentano una platea decisamente estesa del mondo del lavoro e che, senza politiche mirate e non avendo a disposizione nessuna forma di garanzia, si sono ritrovati letteralmente scoperti.

Pandemia e Lavoro: la grande crisi degli Autonomi – Sistema Generale

La pandemia, del resto, ha inferto colpi terribili e falcidiato il comparto del lavoro autonomo con numeri da capogiro che con la crisi del 2008-2009 aveva subito un drastico ridimensionamento stimato per il decennio 2010-2019 nel -6,7%, mentre invece, a causa della pandemia, ha già registrato in un solo anno il saldo negativo del 6,8% perdendo una cifra di circa 355mila occupati. Parallelamente, bisogna considerare che anche i dati delle nuove aperture di partite Iva sono estremamente contenute – meno 15% nel 2020 rispetto l’anno precedente – e il fatto che, ad oggi, una su quattro è stata definitivamente chiusa.

La grande crisi degli Autonomi e del mondo del lavoro indipendente determinata dalla Pandemia

I dati assumono tinte ancora più drammatiche se si ragiona seguendo i parametri geografici, accorgendosi, dunque, che nel Mezzogiorno il calo del lavoro indipendente è addirittura di due punti percentuali più altri rispetto la media nazionale che si attesta al -22,5%.

Per quanto l’intero sistema economico occupazionale sia stato investito da questa inaspettata pandemia, sono decisamente i lavoratori autonomi ad averne pagato le conseguenze maggiori, occupando in maniera preponderante l’area critica del mercato lavorativo.

Probabilmente, l’assenza di un sistema fatto di protezioni e garanzie per queste categorie salariali, non è riuscita ad evitare una vera e propria emorragia, nonostante gli interventi governativi abbiano cercato di sostenere il lavoro indipendente, dimostrando ancora una volta l’inadeguatezza di un sistema che non garantisce a tutti i lavoratori le stesse tutele e che necessita di seri ed urgenti interventi di riforma.

Francesca Tesoro

Area ex Falck: la Milano del futuro

A Sesto San Giovanni, nella periferia nord della città di Milano, sorge l’area della ex Falck una delle più vaste aree industriali dismesse d’Europa. Nel vecchio impianto siderurigico fermo dal 1995 e classificato come Sito di Interesse Nazionale (SIN), le officine meccaniche, i forni di fusione, le torri dell’acqua e tutte le strutture sono rimaste come scheletri scoperti che ora potranno risorgere.

Grazie al mastodontico piano di riqualificazione della zona, al progetto disegnato dallo studio Foster+Partenrs e al masterplan firmato Norman Foster, al nuovo assetto di Milanosesto che detiene la proprietà del sito, Prelios che si occupa del project management e il gigante immobiliare americano Hines che ha già coinvestito con la Cale Street 500 milioni di euro, si prevedono grandi cambiamenti.

Riqualificazione Area Ex Falck – Sistema Generale

Con un investimento totale di due miliardi di euro e un cantiere che in quindici anni stravolgerà interamente la zona, la bonifica e riqualificazione dell’ex Falck rappresenta la più grande mai realizzata non solo in Italia ma in Europa, anche per tutto l’indotto lavorativo che impegnerà più di tremila operai ed oltre quaranta società di architettura e progettazione.

La Milano del futuro e la conversione dell’area della ex Falck

Un nuovo parco di 45 ettari che caratterizzerà tutta l’area integrandosi con le strutture, un centro direzionale destinato al mondo bancario, la Città della Salute con la riunione dei poli del Neurologico Besta e l’Istituto dei Tumori, costruzioni residenziali, uno studentato per quasi duemila studenti, un viale ampio 27 metri ideato per passeggiate ed esercizi commerciali, spazi culturali e museali, la nuova stazione ferroviaria progettata da Renzo Piano, un hotel, una parte dell’ospedale San Raffaele e un triennio della sua università, 15 chilometri di piste ciclo-pedonali, diventeranno il nuovo volto futuristico della zona.

Pochi giorni fa si è aperto il primo cantiere che ha ufficialmente dato avvio alla riconversione dell’area con l’inizio dei lavori della stazione che con la sua nuova infrastruttura ricucirà Sesto San Giovanni e sarà consegnata alla cittadinanza nel giugno 2023, proseguendo poi con il nuovo svincolo della Tangenziale Nord.

La Milano del futuro parte da qui, come una fenice pronta a spiccare il volo dalle strutture dell’ex Falck.

Francesca Tesoro