Voucher Lavoro: come sono nati, cosa sono e che fine faranno

Il recente annuncio dell’abolizione dei voucher lavoro, ha fatto notizia nell’ultimo mese. Vediamo in questo articolo come sono nati, che scopo avevano e qual è stato il loro decorso, per avere le idee chiare in vista della loro revoca definitiva.

Il voucher lavoro è stato introdotto per la prima volta nella normativa italiana con la legge numero 30 del 2003, meglio conosciuta con il nome di Riforma Biagi.

Lo scopo era quello di regolamentare il lavoro accessorio, fatto di prestazioni occasionali e svolte in modo saltuario, conferendo così una tutela ai rapporti non regolamentati dagli ordinari contratti di lavoro. In via secondaria, voleva essere uno strumento per l’emersione e il contrasto del cosiddetto lavoro nero, andando a proteggere in questo modo le categorie di lavoratori ritenute più deboli.

Nella realtà dei fatti però non si sono verificati gli effetti desiderati e negli anni successivi numerose sono state le modifiche, non solo del sistema basato sui voucher, ma anche dell’intera materia legata al diritto del lavoro.

Per quanto riguarda i buoni lavoro, le prime modifiche furono apportate dalla legge numero 33/2009 che, a partire dal successivo 2010, estese l’uso di questo strumento retributivo a tutti i soggetti.

In seguito, con la legge numero 92/2012 detta Riforma Fornero, fu imposto il vincolo economico di cinquemila euro annui per ogni singolo lavoratore, mentre con la successiva legge di conversione del Decreto Lavoro, la numero 99/2013, è stata esteso l’impiego dei buoni lavoro a  diversi settori.

In seguito all’emanazione del Jobs Act, il limite economico è stato innalzato a settemila euro ed è stata inserita contestualmente la tracciabilità dei voucher, impedendone un uso fraudolento, con  l’obbligo del committente di comunicare la richiesta di lavoro.

Infine, sempre con il decreto legislativo numero 81/2015, l’uso dei voucher è stato esteso al settore dell’industria e dell’artigianato, includendo così ogni ambito produttivo ad eccezione del personale in appalto di opere e servizi.


Ma cosa sono tecnicamente?


Che siano cartacei o telematici, i voucher sono dei buoni prepagati con un valore nominale di 10€, 20€ e 50€, acquistati dal datore di lavoro preventivamente registrato al sistema INPS e versati al soggetto lavoratore al termine della prestazione lavorativa. Tali buoni lavoro, attraverso una determinata ma semplice procedura, devono essere riscossi dal lavoratore non oltre i ventiquattro mesi dall’emissione del voucher stesso.

Il valore nominale del buono comprende al suo interno la contribuzione previdenziale a favore della gestione separata INPS del 13%, la contribuzione a favore dell’INAIL del 7% per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, il compenso spettante all’INPS del 5% in quanto concessionario per la gestione del servizio.

Appare evidente che, a fronte dei valori nominali, cambia quello netto che spetterà al lavoratore. Infatti il valore dei voucher da 10 euro è pari a 7,50 euro, da 20 euro è uguale a 15 euro e a quello da 50 euro corrisponde il pagamento di  37,50 euro.

Se il voucher può sembrare una certezza per il lavoratore di ricevere il giusto pagamento spettante per l’attività prestata e per il datore di lavoro la rassicurazione di aver adempiuto agli obblighi contributivi e previdenziali, bisogna valutare il risvolto della medaglia, più per il primo che per il secondo.

Infatti, il lavoratore retribuito con i voucher non matura il trattamento di fine rapporto né le ferie, non ha diritto alle indennità di malattia o maternità, né tantomeno ha diritto agli assegni familiari. Di contro, se il lavoratore percepisce i cosiddetti ammortizzatori sociali, in particolare la NaspI (indennità di disoccupazione involontaria), può essere impiegato saltuariamente ed essere retribuito con i voucher per un reddito non superiore ai tremila euro netti annui, senza il rischio di perdere il diritto all’indennità.

In siffatto sistema, l’unica tutela ulteriore per il lavoratore è ravvisabile nel fatto che se il datore di lavoro impiega e quindi retribuisce un importo superiore a quelli previsti dalla legge, scatterebbe la trasformazione del rapporto da saltuario ad indeterminato.

Ovviamente, per il committente questo rischio è facilmente arginabile potendo far redigere una specifica dichiarazione sostitutiva al prestatore di lavoro per attestare il non superamento dei limiti di legge.

Che fine faranno?

Se questo strumento sembrava essere diventato un nuovo modello contrattuale non regolarizzato, visto l’ampio uso che ne è stato fatto, in realtà a distanza di poco tempo dalla sua introduzione e la sua entrata a regime, ha già visto un punto di fine.

Infatti, a seguito della approvazione del decreto numero 25 del 2017 è stata ufficializzata l’abolizione dei voucher lavoro e in sostanza sono stati aboliti tutti i riferimenti normativi contenuti nel Jobs Act, facendo venire meno la regolamentazione del lavoro accessorio e dunque anche il sistema dei voucher che ad esso erano collegati.

Il termine ultimo per acquistarli è stato fissato al 17 marzo e quelli già acquistati o conferiti ai lavoratori potranno essere utilizzati fino al 31 dicembre 2017, pertanto fino a questa data non cambierà molto sull’uso dei voucher. Ma dopo?

Per ora non è dato saperlo, in considerazione del fatto che il decreto legge  numero 25/2017 dovrà essere convertito dal Parlamento entro il 17 maggio 2017 e che ancora non appare chiaro quale tipo di novità saranno inserite per regolamentare il lavoro occasionale e colmare il vuoto normativo che si è venuto a creare.

Come diceva Gustave Flaubert,  “in fin dei conti il lavoro è ancora il mezzo migliore di far passare la vita”, nonostante non ci sia alcuna certezza sui suoi mutamenti futuri, almeno normativi.

Francesca Tesoro

Siamo Noi anche quando… non siamo Noi!

A chi di noi non è mai capitato di riferirsi a qualcuno dicendo “fuori dal lavoro è completamente un’altra persona” o viceversa? Cosa c’è di diverso tra il nostro essere in un contesto organizzativo e il nostro essere nella vita privata? Fingiamo, forse? Direi di no e, a supporto di questa tesi, propongo il nostro sentirci noi in entrambe le situazioni. Di diverso c’è il ruolo che in quel momento giochiamo.

Mi riferisco al Modello di Ruolo della Personalità con il quale Bernd Schmid ha vinto il Premio Eric Berne per il suo adattamento del concetto di ruolo e di stati dell’Io in Analisi Transazionale.  L’Analisi Transazionale è una teoria globale della personalità elaborata negli Anni ’50 da Eric Berne, dal quale, appunto, prende il nome il premio, che concepisce la struttura mentale organizzata in tre sottosistemi integrati (Genitore, Adulto e Bambino) la cui interazione, nel qui e ora, genera lo “Stato dell’Io”. Schmid, con il suo adattamento di questi concetti al contesto organizzativo, elabora il modello di ruolo della personalità descrivendo una persona come l’insieme dei ruoli che interpreta sulle scene dei suoi tre mondi: privato, organizzativo e professionale. In questo modello l’unicità e l’umanità delle persone si esprimono nel modo in cui esse interpretano i loro ruoli. La personalità diventa anche una questione di contesto e contenuto in cui i ruoli connettono le persone con le trame e le scene dei loro mondi.

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La distinzione tra il mondo organizzativo e quello professionale è particolarmente utile per una migliore comprensione e una più autonoma definizione di se stessi all’interno delle organizzazioni. Molte questioni sono poste da una stessa persona in modi diversi a seconda che tali questioni provengano da un ruolo organizzativo (es. rappresentante dei diritti delle donne), da un ruolo professionale (es. assistente sociale), o da un ruolo privato (es. futura mamma).

Possiamo definire un ruolo come un sistema coerente di atteggiamenti, sensazioni, comportamenti, visioni della realtà e di relazioni sociali. Ciò tiene conto del fatto che ogni ruolo è legato e si riferisce a una certa sfera di realtà e alle relative cornici di riferimento. Dal punto di vista della persona, ogni ruolo implica delle idee sul tipo di relazioni che possono derivarne e che sono suggerite dal ruolo stesso.

In molte delle organizzazioni in cui lavoriamo ci ritroviamo ad affrontare la sfida di ruoli diversi che ci chiedono di combinare tra loro i differenti sistemi di riferimento. Abituarsi alla rete di ruoli e riferimenti è di per sé un compito impegnativo nel quale dobbiamo anche confrontarci con i potenziali conflitti che possono scaturirne. Diventa quindi essenziale risparmiare sulle risorse disponibili, comprese le nostre risorse in termini di tempo ed energia. La figura a seguire può aiutarci a comprendere meglio: i cerchi simboleggiano la necessità di integrare ruoli e mondi.

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La professionalità ha molto a che fare con l’abilità di attivare e disattivare a piacere alcuni ruoli e anche con la strutturazione di situazioni funzionali a premere i tasti giusti al fine di attivare relazioni di ruolo complementari nelle altre persone coinvolte.

Avere competenza di ruolo significa avere il controllo sul sistema coerente di attitudini, sensazioni, comportamenti, visioni della realtà e le relazioni sociali che sono legate al ruolo. Molti problemi della personalità hanno a che fare con il fatto che la necessità di acquisire una competenza di ruolo non sia riconosciuta o presa seriamente, o che si adottino misure inadeguate lungo il percorso per acquisirla. Pensiamo all’inclusione cronica in un ruolo di elementi di altri ruoli senza che la persona ne sia consapevole. In queste circostanze, l’individuo considera l’inclusione di elementi estranei al ruolo come appropriati ad esso. Per esempio, durante le negoziazioni dello stipendio, qualcuno nel ruolo di agente della trattativa potrebbe sentire il diffondersi di un sentimento di indignazione. Sentimento che deriva dalla sua costernazione davanti alla riduzione dello stipendio previsto per se stesso come individuo. Questo sentimento può facilmente essere confuso con un sentimento appropriato al ruolo di negoziatore al fine di valutare i vari problemi e interessi in campo e, se necessario, metterli in contrasto con gli interessi, contrapposti, della controparte negoziale. In un altro esempio, qualcuno potrebbe attivare, in una discussione privata, comportamenti che sarebbero più appropriati al trattamento psicoterapeutico dei pazienti senza identificare tali sensazioni come estranee al ruolo nella relazione privata e su questo il mio compagno potrebbe raccontarla lunga!

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Proviamo ora ad applicare il modello di ruolo nelle relazioni prendendo in analisi la comunicazione. Per comunicazione in questo caso intendo il processo co-creativo di invenzione della realtà. Non si tratta unicamente di uno scambio di messaggi, ma anche della definizione dei ruoli dai quali comunichiamo e dei contesti a cui ci riferiamo.  Buona parte di ciò avviene in modo così automatico da sfuggire alla nostra attenzione. Le conseguenti relazioni e il contesto in cui sono descritte sono l’oggetto di osservazione dal punto di vista della relazione. Qui possiamo distinguere se i partecipanti al processo comunicativo mettono in scena la realtà abituale oppure se ne creano una nuova. Utilizzando il modello di ruolo, escludiamo l’ipotesi che gli individui, in quanto tali, ne abbiano il controllo. Quando osserviamo le persone nei loro ruoli, emergono le forze sociali e di sistema, le quali hanno una capacità di influenza sui ruoli ben più grande di quanto i protagonisti del ruolo stesso ne abbiano consapevolezza.

Per comprendere meglio proviamo ad immaginare una discussione sulla strategia tra il Responsabile Risorse Umane e il suo team, con l’ordine del giorno di decidere quali siano le priorità. All’inizio la discussione riguarda il livello dei ruoli nell’organizzazione, durante la quale, secondo la cultura dell’azienda, le persone possono proporre suggerimenti, anche se devono lasciare al capo la decisione finale. Dopo un po’ di tempo, senza che i partecipanti se ne accorgano, la discussione, avviata secondo il ruolo organizzativo ed entrata poi sui contenuti del ruolo professionale potrebbe nascondere la percezione privata (ruolo privato) di sentirsi dominato, privato della parità dei diritti o non riconosciuto nel suo valore. Ristabilire una comunicazione solida tra i ruoli organizzativi potrebbe risolvere il problema.

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Nei ruoli organizzativi possono esserci problemi di relazione che influenzano le discussioni professionali da dietro le quinte. Per chiarire queste situazioni è importante portare in primo piano il background relazionale del ruolo organizzativo e focalizzare l’attenzione su questo. Se si risolve su un piano organizzativo, le persone possono tornare a un comportamento competente e a delle buone relazioni tra loro, perché l’organizzazione è diventata più funzionale e quindi più salutare. Affrontare il problema sul livello delle relazioni private può rilassare la situazione senza realmente risolvere il problema organizzativo oppure può addirittura aumentare la tensione perché il problema è affrontato su un livello in cui nessuna soluzione può essere trovata. L’escalation può portare a diverse reazioni nevrotiche. Per chiarire il concetto di background organizzativo immaginiamo due lavoratori di un dipartimento che credono di avere un problema nel lavorare insieme come professionisti, supponiamo come trainer della comunicazione e responsabile della formazione. Immaginiamo che affrontano il problema partendo dalle opinioni e dalle abitudini delle rispettive professioni e dalla relazione tra queste professioni, trascurando il fatto che le difficoltà nella relazione siano dovute più alla struttura dell’organizzazione e ad aree di responsabilità incompatibili e sovrapposte, piuttosto che alle diverse professioni. Sarebbe un’ulteriore prova a conferma di questa prospettiva se anche i trainer dei software informatici degli uffici vicini avessero problemi di relazione simili con il loro responsabile della formazione.

Riprendo il titolo dato a questo articolo, in maniera un po’ provocatoria: Siamo Noi anche quando… non siamo Noi! per concludere dicendo che quello che differenzia il nostro modo di comportarci e sentirci dipende dal Ruolo che in quel momento detiene il nostro potere esecutivo e che quindi controlla quel determinato sistema coerente di atteggiamenti, sensazioni, comportamenti, visioni della realtà e di relazioni sociali che a quel Ruolo appartengono.

Rosaria Gargano

 

La Nuvola – Nuovo centro congressi all’EUR – Inaugurazione il 29 ottobre 2016

Sedici anni dall’approvazione del progetto e nove dall’apertura del cantiere, si avvicina la data dell’inaugurazione della “Nuvola” di Fuksas all’Eur.

Il nuovo Centro Congressi di Roma aprirà le porte per la prima volta sabato 29 ottobre 2016, mentre da gennaio del 2017 sarà in grado di ospitare eventi di varie tipologie, da convegni ed esposizioni fino a mostre e spettacoli.

aafec4ae-642d-49ea-93c0-77ca3242df0bA pochi giorni dalla effettiva apertura al pubblico, la struttura è già entrata a far parte dell’immaginario collettivo da anni: una nuvola traslucida in fibra di vetro siliconata e acciaio, sospesa dentro un parallelepipedo trasparente, capace di mettere a nudo la contrapposizione fra la fantasia delle forme e la stabilità delle strutture.

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Nuovo Centro Congressi – La Nuvola – Planimetria, livello Auditorium. EUR S.p.A.
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Nuovo Centro Congressi – La Nuvola – Planimetria. EUR S.p.A.

Tre organismi distinti danno forma al nuovo centro congressuale, che si sviluppa su una superficie complessiva di 55 mila metri quadrati: la struttura parallelepipeda in vetro e acciaio (denominata la “teca”) è uno spazio protetto alto 39 metri che contiene la “nuvola”, l’organismo centrale caratterizzante il progetto. Quest’ultimo, collegato al volume parallelepipedo tramite passerelle sospese nel vuoto, rappresenta un sistema indipendente dal resto del centro e non interferisce con le attività
congressuali ed espositive che si svolgono nelle altre aree dell’edificio: essa ospita l’Auditorium di 1800 mq da 2200 posti.
Infine un albergo, denominato la “lama”, si sviluppa indipendente per un altezza complessiva di 56 metri, conferendo complessivamente all’intervento un’identità e riconoscibilità a livello urbano.

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Nuovo Centro Congressi – La Nuvola – Sezione longitudinale. EUR S.p.A.
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Nuovo Centro Congressi – La Nuvola – Sezione trasversale. EUR S.p.A.

Il concorso internazionale per la progettazione del nuovo Centro Congressi Italia era stato indetto nel 1998 dall’Ente Eur e nel febbraio 2000 aveva visto vincitore l’affermato architetto Massimiliano Fuksas, una delle personalità più conosciute e controverse del panorama architettonico internazionale.
Nato a Roma nel 1944, dopo un periodo in Austria, Fuksas ha frequentato il liceo nella città natale, dove ha avuto modo di conoscere alcuni fra i più importanti esponenti della cultura italiana, fra cui Pasolini, Asor Rosa, Caproni e più tardi Giorgio De Chirico, che lo introdusse nel suo studio in Piazza di Spagna: questa frequentazione lo spinse ad iscriversi alla Facoltà di Architettura dell’Università di Roma La Sapienza. Quando si laureò nel 1969, aveva già aperto un proprio studio nella capitale, GRANMA, e poco dopo la sua fama superò i confini italiani con la palestra per il Comune di Paliano, pubblicata dalla rivista francese Architecture d’Aujourd’hui.

Dopo il successo, partecipò a Parigi ad una esposizione di progetti di giovani architetti europei, tra i quali Rem Koolhaas e Jean Nouvel. Nel 1989 fondò uno studio a Parigi, nel 1993 uno a Vienna e nel 2002 uno Francoforte, dove ha lavorato grazie al preziosissimo aiuto della moglie Doriana O. Mandrelli, responsabile di Fuksas Design.
Dal 1994 al 1997 si occupò soprattutto dei problemi delle grandi aree urbane concentrandosi sulla realizzazione di opere pubbliche.
Nel 2009 progettò gli store di Armani a New York e Tokyo ed un anno più tardi viene insignito della Legion d’onore. Fece scalpore una sua dichiarazione dello stesso periodo, poco dopo la demolizione dell’eco-mostro di Punta Perotti, sulla quale si espresse sostenendo che

“molti altri edifici andrebbero demoliti, in quanto in Italia ci sono all’incirca 9 milioni di palazzi abusivi, tra i quali, senza alcuna ombra di dubbio, spiccano lo ZEN di Palermo di Vittorio Gregotti e Corviale di Roma di Mario Fiorentino”.

Nel corso della sua carriera ha ricevuto molti premi internazionali, tra i quali il Vitruvio Internacional a la Trayectoria (1998), il Grand Prix d’Architecture (1999) e l’Honorary Fellowship dell’American Institute of Architects (2002) ed il Premio Ignazio Silone per la cultura (2011).
Nel 2012 il suo studio di Roma “Massimiliano e Doriana Fuksas Design”, gestito insieme alla moglie, risulta il terzo per fatturato, dopo quello di Antonio Citterio e Renzo Piano, con 8 milioni e 400 mila euro.

Giorgia Less

Censis: come cambia la Comunicazione, tra Smartphone, Social Network e mondo del lavoro

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È di pochi giorni fa la presentazione in Senato del tredicesimo rapporto Censis sulla Comunicazione che evidenzia la crescita dell’utenza Internet nel nostro Paese, sempre più avvezzo all’uso di Social Network e Smartphone, che ha determinato una rivoluzione nelle abitudini di uomini e donne di tutte le età. Anche se televisioni e radio continuano a essere i media protagonisti, raggiungendo quasi la totalità della popolazione, negli ultimi dieci anni gli utenti Internet sono passati da meno della metà degli Italiani, a quasi i tre quarti, nonostante resti grande il divario tra le generazioni, che vede arrancare gli over 65, rispetto agli under 30, padroni indiscussi di queste nuove tecnologie e protagonisti di un vero e proprio picco nei consumi di questi servizi, soprattutto di telefonia. Tra i Social Network, il più popolare e utilizzato è Facebook che vede attiva la metà della popolazione italiana ed è seguito da YouTube. Whatsapp ha avuto un vero e proprio boom di utenti, raggiungendo oltre il 60% della popolazione e, tra le donne, da sempre più propense alla lettura rispetto agli uomini, le preferenze si spostano dal cartaceo, al digitale, con un significativo aumento dei consumi.

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Anche il mondo del lavoro, negli ultimi anni, ha mutato profondamente il suo approccio nei confronti dei Social Media, diventati, ormai, un canale di comunicazione irrinunciabile. Dalle piccole, alle grandi aziende private, passando per la Pubblica Amministrazione, sempre più imprenditori stanno lasciando da parte i classici siti web, statici e poco frequentati, e stanno dando spazio a Blog e Social Network, come Facebook e Twitter, che consentono aggiornamenti immediati e in tempo reale, in grado di valorizzare al meglio ogni singola attività, rendendo partecipi sia i consumatori, sia i dipendenti. A questo cambiamento sempre più evidente, sia affianca la necessità di nuove figure aziendali in grado di gestire le conseguenti strategie di marketing che risultano ottimizzate dall’utilizzo di questi nuovi canali di comunicazione. La gratuità e il target potenzialmente illimitato di utenti raggiungibili dai vari Social Media non prescinde, infatti, dalla necessità di attuare progetti ben precisi circa il loro utilizzo che vedono nella determinazione di obiettivi specifichi a breve e lungo termine, nella sinergia e nell’approccio sistemico tra i vari ruoli e settori aziendali la vera discriminante per ottenere buoni risultati.

Alessandra Rinaldi