Siamo Noi anche quando… non siamo Noi!

A chi di noi non è mai capitato di riferirsi a qualcuno dicendo “fuori dal lavoro è completamente un’altra persona” o viceversa? Cosa c’è di diverso tra il nostro essere in un contesto organizzativo e il nostro essere nella vita privata? Fingiamo, forse? Direi di no e, a supporto di questa tesi, propongo il nostro sentirci noi in entrambe le situazioni. Di diverso c’è il ruolo che in quel momento giochiamo.

Mi riferisco al Modello di Ruolo della Personalità con il quale Bernd Schmid ha vinto il Premio Eric Berne per il suo adattamento del concetto di ruolo e di stati dell’Io in Analisi Transazionale.  L’Analisi Transazionale è una teoria globale della personalità elaborata negli Anni ’50 da Eric Berne, dal quale, appunto, prende il nome il premio, che concepisce la struttura mentale organizzata in tre sottosistemi integrati (Genitore, Adulto e Bambino) la cui interazione, nel qui e ora, genera lo “Stato dell’Io”. Schmid, con il suo adattamento di questi concetti al contesto organizzativo, elabora il modello di ruolo della personalità descrivendo una persona come l’insieme dei ruoli che interpreta sulle scene dei suoi tre mondi: privato, organizzativo e professionale. In questo modello l’unicità e l’umanità delle persone si esprimono nel modo in cui esse interpretano i loro ruoli. La personalità diventa anche una questione di contesto e contenuto in cui i ruoli connettono le persone con le trame e le scene dei loro mondi.

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La distinzione tra il mondo organizzativo e quello professionale è particolarmente utile per una migliore comprensione e una più autonoma definizione di se stessi all’interno delle organizzazioni. Molte questioni sono poste da una stessa persona in modi diversi a seconda che tali questioni provengano da un ruolo organizzativo (es. rappresentante dei diritti delle donne), da un ruolo professionale (es. assistente sociale), o da un ruolo privato (es. futura mamma).

Possiamo definire un ruolo come un sistema coerente di atteggiamenti, sensazioni, comportamenti, visioni della realtà e di relazioni sociali. Ciò tiene conto del fatto che ogni ruolo è legato e si riferisce a una certa sfera di realtà e alle relative cornici di riferimento. Dal punto di vista della persona, ogni ruolo implica delle idee sul tipo di relazioni che possono derivarne e che sono suggerite dal ruolo stesso.

In molte delle organizzazioni in cui lavoriamo ci ritroviamo ad affrontare la sfida di ruoli diversi che ci chiedono di combinare tra loro i differenti sistemi di riferimento. Abituarsi alla rete di ruoli e riferimenti è di per sé un compito impegnativo nel quale dobbiamo anche confrontarci con i potenziali conflitti che possono scaturirne. Diventa quindi essenziale risparmiare sulle risorse disponibili, comprese le nostre risorse in termini di tempo ed energia. La figura a seguire può aiutarci a comprendere meglio: i cerchi simboleggiano la necessità di integrare ruoli e mondi.

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La professionalità ha molto a che fare con l’abilità di attivare e disattivare a piacere alcuni ruoli e anche con la strutturazione di situazioni funzionali a premere i tasti giusti al fine di attivare relazioni di ruolo complementari nelle altre persone coinvolte.

Avere competenza di ruolo significa avere il controllo sul sistema coerente di attitudini, sensazioni, comportamenti, visioni della realtà e le relazioni sociali che sono legate al ruolo. Molti problemi della personalità hanno a che fare con il fatto che la necessità di acquisire una competenza di ruolo non sia riconosciuta o presa seriamente, o che si adottino misure inadeguate lungo il percorso per acquisirla. Pensiamo all’inclusione cronica in un ruolo di elementi di altri ruoli senza che la persona ne sia consapevole. In queste circostanze, l’individuo considera l’inclusione di elementi estranei al ruolo come appropriati ad esso. Per esempio, durante le negoziazioni dello stipendio, qualcuno nel ruolo di agente della trattativa potrebbe sentire il diffondersi di un sentimento di indignazione. Sentimento che deriva dalla sua costernazione davanti alla riduzione dello stipendio previsto per se stesso come individuo. Questo sentimento può facilmente essere confuso con un sentimento appropriato al ruolo di negoziatore al fine di valutare i vari problemi e interessi in campo e, se necessario, metterli in contrasto con gli interessi, contrapposti, della controparte negoziale. In un altro esempio, qualcuno potrebbe attivare, in una discussione privata, comportamenti che sarebbero più appropriati al trattamento psicoterapeutico dei pazienti senza identificare tali sensazioni come estranee al ruolo nella relazione privata e su questo il mio compagno potrebbe raccontarla lunga!

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Proviamo ora ad applicare il modello di ruolo nelle relazioni prendendo in analisi la comunicazione. Per comunicazione in questo caso intendo il processo co-creativo di invenzione della realtà. Non si tratta unicamente di uno scambio di messaggi, ma anche della definizione dei ruoli dai quali comunichiamo e dei contesti a cui ci riferiamo.  Buona parte di ciò avviene in modo così automatico da sfuggire alla nostra attenzione. Le conseguenti relazioni e il contesto in cui sono descritte sono l’oggetto di osservazione dal punto di vista della relazione. Qui possiamo distinguere se i partecipanti al processo comunicativo mettono in scena la realtà abituale oppure se ne creano una nuova. Utilizzando il modello di ruolo, escludiamo l’ipotesi che gli individui, in quanto tali, ne abbiano il controllo. Quando osserviamo le persone nei loro ruoli, emergono le forze sociali e di sistema, le quali hanno una capacità di influenza sui ruoli ben più grande di quanto i protagonisti del ruolo stesso ne abbiano consapevolezza.

Per comprendere meglio proviamo ad immaginare una discussione sulla strategia tra il Responsabile Risorse Umane e il suo team, con l’ordine del giorno di decidere quali siano le priorità. All’inizio la discussione riguarda il livello dei ruoli nell’organizzazione, durante la quale, secondo la cultura dell’azienda, le persone possono proporre suggerimenti, anche se devono lasciare al capo la decisione finale. Dopo un po’ di tempo, senza che i partecipanti se ne accorgano, la discussione, avviata secondo il ruolo organizzativo ed entrata poi sui contenuti del ruolo professionale potrebbe nascondere la percezione privata (ruolo privato) di sentirsi dominato, privato della parità dei diritti o non riconosciuto nel suo valore. Ristabilire una comunicazione solida tra i ruoli organizzativi potrebbe risolvere il problema.

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Nei ruoli organizzativi possono esserci problemi di relazione che influenzano le discussioni professionali da dietro le quinte. Per chiarire queste situazioni è importante portare in primo piano il background relazionale del ruolo organizzativo e focalizzare l’attenzione su questo. Se si risolve su un piano organizzativo, le persone possono tornare a un comportamento competente e a delle buone relazioni tra loro, perché l’organizzazione è diventata più funzionale e quindi più salutare. Affrontare il problema sul livello delle relazioni private può rilassare la situazione senza realmente risolvere il problema organizzativo oppure può addirittura aumentare la tensione perché il problema è affrontato su un livello in cui nessuna soluzione può essere trovata. L’escalation può portare a diverse reazioni nevrotiche. Per chiarire il concetto di background organizzativo immaginiamo due lavoratori di un dipartimento che credono di avere un problema nel lavorare insieme come professionisti, supponiamo come trainer della comunicazione e responsabile della formazione. Immaginiamo che affrontano il problema partendo dalle opinioni e dalle abitudini delle rispettive professioni e dalla relazione tra queste professioni, trascurando il fatto che le difficoltà nella relazione siano dovute più alla struttura dell’organizzazione e ad aree di responsabilità incompatibili e sovrapposte, piuttosto che alle diverse professioni. Sarebbe un’ulteriore prova a conferma di questa prospettiva se anche i trainer dei software informatici degli uffici vicini avessero problemi di relazione simili con il loro responsabile della formazione.

Riprendo il titolo dato a questo articolo, in maniera un po’ provocatoria: Siamo Noi anche quando… non siamo Noi! per concludere dicendo che quello che differenzia il nostro modo di comportarci e sentirci dipende dal Ruolo che in quel momento detiene il nostro potere esecutivo e che quindi controlla quel determinato sistema coerente di atteggiamenti, sensazioni, comportamenti, visioni della realtà e di relazioni sociali che a quel Ruolo appartengono.

Rosaria Gargano

 

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