Crescita economica: facciamo il punto su Roma e sul Lazio con Manageritalia

Nel Lazio, nei primi tre trimestri del 2018 la crescita dei livelli di attività è stata più debole di quella registrata l’anno precedente. 

Nel comparto industriale il fatturato è moderatamente cresciuto e gli investimenti sono aumentati. Dopo la forte crescita del 2017, le esportazioni sono diminuite, anche a causa della flessione nei comparti della metalmeccanica e della chimica. Nel settore delle costruzioni, invece, la produzione ha ristagnato, mentre in quello immobiliare le compravendite sono aumentate a un ritmo inferiore di quello medio nazionale facendo aumentare la diminuzione dei prezzi. 

Dal punto di vista economico, il Pil del Lazio ha registrato una flessione doppia (-6%) rispetto alla Lombardia (-3,3%) ma, nonostante questo, Roma si attesta nella media nazionale a livello provinciale (attorno al -6%) mentre Milano cresce di un punto. Volendo citare in alternativa i termini pro-capite a Roma la flessione è ben più marcata (-15%) rispetto a quella nazionale (-9%), nonché di Milano (-6%).

Dall’inizio della crisi Roma versa in uno stato di regressione in termini di Valore Aggiunto, che segna una riduzione pari a circa il 5%, a differenza di Milano che invece marca un incremento dell’1,5%.

Diverso, fortunatamente, è il discorso legato all’imprenditoria. Infatti, sono 657.855 le imprese registrate al 31 dicembre 2018 nella regione Lazio, pari al 10,8% del totale delle imprese italiane e, se nello stesso anno le iscrizioni sono state 39.543 e le cessazioni 29.322, non si può non sottolineare un saldo positivo di 10.221 imprese. Con questi dati ed in termini assoluti, il Lazio è la prima regione italiana per crescita del numero delle imprese, seguita da Campania e Lombardia. 

In via generale, tutte le province del Lazio registrano un valore positivo e superiore alla media nazionale (+0,52%), con Roma capofila in Italia che, nel 2018, ha registrato un +1,81% – pari a 8.916 imprese in più -, facilmente traducibile con il tasso di crescita più alto tra le province italiane e più del triplo rispetto alla media italiana. 

Se le società di capitali rappresentano ancora la percentuale maggiore di imprese registrate nonostante il continuo calo che si è avuto nel corso degli anni, va sottolineata la continua crescita delle imprese individuali.

Spostando l’analisi sul mercato del lavoro, l’occupazione è aumentata (+1,2%) ma a un tasso inferiore a quello registrato nel 2017 e, al calo degli occupati nei servizi e nelle costruzioni, si è contrapposta una crescita nell’industria e in agricoltura. L’aumento ha interessato i lavoratori dipendenti, soprattutto a tempo determinato e contemporaneamente si assiste all’aumento del tasso di disoccupazione che tocca quota 11,9%. Questo dato dipende anche dalla riduzione del fenomeno dello scoraggiamento, cioè dell’entrata nel mercato del lavoro da parte di popolazione attiva fino a quel momento rinunciataria, motivo per il quale i dati evidenziano una diminuzione del 4,3% degli inattivi.

A questo punto un doveroso accenno va fatto ad uno dei settori produttivi che alimentano l’economia di Roma, e cioè il turismo, perché prendendo spunto dai dati di performance della capitale, possiamo fare una panoramica sul posizionamento mondiale di Roma relativamente a 6 indicatori. 

Tra gennaio e agosto le presenze turistiche nella Città Metropolitana di Roma sono aumentate del 3,1% su base annuale, rappresentando circa il 90% del totale regionale.Nonostante le potenzialità nel turismo, va detto che Roma si posiziona al 4° posto – dietro Berlino – per numero di pernottamenti con un trenddi crescita in rallentamento a differenza della media europea. La permanenza media degli stranieri negli esercizi ricettivi con un range che va dai due ai sei giorni, rappresenta una curva negativa considerevolmente inferiore ad altre capitali europee – si pensi che Londra e Amsterdam hanno una permanenza media di rispettivamente 6,2 e 3,9 giorni -. Analogamente, analizzando l’indice delle conferenze e degli eventi business, che rappresentano una componente ad alto valore aggiunto della filiera turistica in termini sia economici che strategici, dove lo spendinggiornaliero pro-capite è circa 5 volte quello di un turista tradizionale, Roma si posiziona solo 20esima come numero di eventi. A titolo meramente esemplificativo, gli eventi in questo settore organizzati sono stati appena novantasei nell’anno 2016, pari a circa la metà di quelli organizzati nella città di Parigi.

Prendendo ad esempio i due benchmarkrappresentati da Parigi e Londra per fornire una panoramica del posizionamento di Roma, si riporta la situazione relativamente a 6 indicatori.

Una situazione certamente non esaltante e che fotografa in maniera impietosa lo stato di Roma. Riassumendo: Roma è una città che non ha saputo rimanere agganciata al treno delle principali capitali europee in termini di branding, innovazione, qualità della vita e cultura ma, nonostante questo, riesce a distinguersi per il maggior numero di imprese e di lavoratori, anceh se la ricchezza prodotta risulta essere inferiore.

La velocità del cambiamento nell’economia, le nuove tecnologie, le tipologie contrattuali meno “solide” stanno creando un senso molto forte di incertezza sulle prospettive reddituali future delle famiglie e in particolare dei giovani che restano i più penalizzati in termini di opportunità lavorative. I numeri presentati testimoniano infatti una riduzione delle SpA (-13%) e un’esplosione della micro-impresa in settori a basso valore aggiunto come Commercio ambulante (+30%) e Affittacamere (+150%). Molte grandi aziende stanno riposizionando e modificando le loro strategie di investimento, penalizzando Roma che in questa fase non gode di una buona immagine come “città d’affari”. Ma, oltre all’impatto negativo delle grandi imprese che lasciano la città, il danno più rilevante deriva dalle nuove imprese che non riusciamo ad attrarre. In controtendenza ai dati sopra citati, invece, abbiamo segnali di sviluppo consistenti che si registrano nel mondo delle start up innovative e nell’economia della conoscenza, con un utilizzo di forza lavoro qualificata ben al di sopra della media nazionale. Nel Lazio, tra il 2012 e il 2016, la quota di occupati in possesso di una laurea si è attestata in media al 26,1%, determinando un valore più contenuto della media UE-28 (33,0%) ma superiore alla media nazionale (20,2%). Roma è il primo polo universitario italiano per numero di studenti (14% del totale), con il gruppo economico-statistico che conta il maggior numero di iscritti, anche se poi nel World University Ranking Roma si posiziona al 65° posto.

La capacità innovativa del Lazio è più elevata della media nazionale, grazie a una buona dotazione di capitale umano occupato di elevata scolarizzazione e specializzazione e alla ricerca svolta dalle istituzioni pubbliche. Malgrado ciò, appare persiste un sentimento di minor soddisfazione per l’attività innovativa delle imprese.

Roma può contare su una rete di circa 20 tra incubatori ed acceleratori, 12 Fab Labs, 5 Technology Transfer Centers, più di 50Smart Working Centerse più di 20 associazioni ed istituzioni con specifici programmi imprenditoriali dedicati alle start uptecnologiche.

Alla fine del 2018 nel Lazio erano iscritte al Registro delle imprese delle Camere di Commercio 1079 start up innovative, circa il 10% del totale nazionale, di cui 969 localizzate nella provincia di Roma, rendendo così questa regione la seconda per numero di start updopo la Lombardia (2417).

l’importanza di questi dati, ha portato Manageritaliaa presidiare da alcuni anni il settore delle start upinnovative, con iniziative nazionali e progetti territoriali. 

Lo scorso anno è iniziato in versione sperimentale un progetto che chiamato “Start Up & Hope”, con l’intento di portare nelle ultime classi delle scuole superiori la metodica più innovativa oggi presente per creare start up. Il progetto ha avuto come partner l’Associazione Nazionale Presidi e Lazio Innova e, per facilitarne l’ingresso nelle scuole, il progetto è stato presentato ammissibile all’iniziativa governativa “Alternanza scuola-lavoro”.

Sono state così realizzate sessioni informative/formative in 26 istituti superiori di Roma e del Lazio, incontrando più di 1200 studenti. Le idee presentate dagli studenti, attraverso progressivi filtri che ne hanno definito meglio le caratteristiche e la fattibilità, hanno dato vita a 16 idee progettuali. Di queste sei sono diventate progetti d’impresa e, alla fine del processo di affinamento e selezione, due dei progetti sono stati portati in pre-incubazione presso Lazio Innova.

Roberto Saliola


Manageritalia: analisi della situazione economica del Lazio

Da sempre Manageritalia compie periodicamente una profonda e dettagliata analisi del tessuto economico delle varie regioni d’Italia. In qualità di Presidente della zona del Lazio, e non solo, sono stato testimone e portavoce di questo lavoro che ritengo utile anche per comprendere meglio alcuni fenomeni sociali e, di conseguenza, politici.

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Nei primi anni Duemila l’area di Roma e la sua provincia crescevano a ritmi superiori alla media nazionale dell’1% annuo circa. Gli anni della crisi economica, tuttavia, hanno modificato e, in un certo senso, stravolto questo trend, invertendone la tendenza in modo traumatico. La crisi ha cambiato il volto economico di Roma e della sua provincia, dando vita alle dinamiche estremamente complesse che tutti i cittadini vivono ormai da un decennio. Andando più nello specifico, infatti, in questi anni, si è assistito a un calo del valore aggiunto pro-capite in diminuzione di oltre il 10%. Per semplificare al massimo, il valore aggiunto pro-capite è dato dalla differenza tra il valore della produzione del periodo e i consumi di materie e servizi dello stesso periodo diviso il numero degli occupati, e, sempre sulla base dei dati Istat, dall’inizio della crisi la produttività del lavoro il Lazio ha mostrato una dinamica peggiore della media nazionale, perdendo nel periodo 2007-2016 circa 5 punti percentuali rispetto alla media italiana.
Al contempo, però, gli occupati tra 2007 e 2016 sono aumentati di 190.000 unità, pari al +11,8% e le imprese registrate sono aumentate di 65.177 unità, con un incremento percentuale del 15,5%. Più imprese, più lavoratori, ma meno ricchezza prodotta, una tendenza che dovrebbe far riflettere.


La sensazione è che il sistema economico di Roma e provincia abbia sperimentato una crescita del numero di lavoratori e del numero di imprese, senza tuttavia riuscire a innescare un percorso di vera rinascita economica, generando una crescita imprenditoriale e occupazionale a basso valore, con un impatto negativo sul versante della qualità del lavoro e della sua capacità di produrre reddito, contribuendo così, assieme a numerosi altri fattori, a un aumento della percezione della precarietà da parte dei cittadini.
Roma sembra diventare sempre più la città dei “lavoretti” e dell’impresa “per necessità”. Un sistema produttivo sempre più “polverizzato” dove la dimensione media delle imprese è sempre più piccola. Molte grandi aziende stanno riposizionando e modificando le loro strategie di investimento, penalizzando Roma che in questa fase non gode di una buona immagine come “città d’affari”. Ma, oltre all’impatto negativo delle grandi imprese che lasciano la città, il danno più rilevante deriva dalle nuove imprese che non riusciamo ad attrarre.
Il fenomeno della polverizzazione delle imprese, con dimensioni sempre più ridotte, potrebbe però trovare un punto di cambio di trend grazie alla diffusione delle imprese innovative nella nostra regione.


La dinamica della produttività di un Paese e di una regione è fortemente influenzata dalla capacità del suo tessuto produttivo di innovare. La capacità innovativa del Lazio è più elevata della media nazionale, grazie a una buona dotazione di capitale umano occupato e alla ricerca svolta dalle Istituzioni pubbliche.
Il miglior risultato del Lazio rispetto alle altre regioni italiane è riconducibile a una spesa pubblica in ricerca e sviluppo e qualità del capitale umano (istruzione universitaria, numero di addetti nei settori high-tech, pubblicazioni scientifiche internazionali) superiori alla media.
Nel Lazio, tra il 2012 e il 2016, la quota di occupati in possesso di una laurea si è attestata in media al 26,1%, un valore più contenuto della media UE-28 (33,0%), ma superiore a quello del Centro e alla media nazionale (23,0% e 20,2%, rispettivamente).
Nel 2012 è stato introdotto in Italia uno specifico regime giuridico e fiscale per agevolare la nascita e lo sviluppo delle imprese ad alta capacità innovativa, chiamate start-up innovative.
Alla fine del 2017 nel Lazio erano iscritte al Registro delle Imprese delle Camere di Commercio 805 start-up innovative (circa il 10% del totale nazionale); la regione era terza per numero di start-up dopo la Lombardia (1.909) e l’Emilia Romagna (862).


Nel Lazio l’incidenza delle start-up dei servizi è superiore alla media, riflesso del maggior peso del comparto sulla struttura economica regionale. In particolare il Lazio appare specializzato nelle start-up dei servizi di trasporto, sanitari, di quelli collegati al turismo, dell’informatica e delle telecomunicazioni.
In conclusione, abbiamo notato segnali contrastanti di sviluppo e ripresa a cui proviamo a dare giustificazione riferendoci all’ambiente particolare nel quale operano le imprese della nostra regione.
Invece, segnali di sviluppo consistenti e netti si registrano nel mondo delle start-up innovative e nell’economia della conoscenza, con un utilizzo di forza lavoro qualificata ben al di sopra della media nazionale.
Manageritalia ha già intercettato questi due temi e ha impostato parte della propria operatività su innovazione ed economia della conoscenza, ritenendo che il nostro ruolo di agenti del cambiamento e portatori di cultura manageriale, di innovazione e sviluppo sostenibile ci debba portare ad essere sempre più presenti e attivi su questi temi.

Roberto Saliola

Sostenibilità, etica e profitto: Roberto Saliola racconta i nuovi modelli d’Impresa secondo Manageritalia Roma

Non solo profitto, ma anche obiettivi che contemplano l’importanza del capitale umano, della sostenibilità dei progetti e, più in generale, di un’etica sempre nuova applicata all’economia attuale. Sono queste le tematiche di cui si sta occupando Roberto Saliola, Presidente di Manageritalia Roma, pensando a un futuro sempre più a portata di imprenditori che imparino dalle dinamiche che hanno caratterizzato il recente passato economico del nostro Paese e dell’Occidente in generale.

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“Era il 1970 quando il fondatore del pensiero monetarista, il premio Nobel per l’economia Milton Friedman, chiudeva la porta all’introduzione delle teorie economiche che volevano inserire nel bilancio delle imprese anche l’ambiente, la trasparenza della governance, il rispetto dei territori e delle comunità, dichiarando che ‘l’unica responsabilità sociale di un’azienda è fare profitti’” ha spiegato Roberto Saliola. “Quasi cinquant’anni dopo le cose sono molto cambiate. E la sostenibilità, a dispetto della schiera di critici, è diventata parte integrante del business per più della metà delle aziende del pianeta. Ma, nonostante tutto, l’economia di oggi sembra ancora vivere in una contraddizione fondamentale: da una parte la collettività richiede alle aziende maggiore responsabilità, dall’altra gli investitori e gli azionisti richiedono loro sempre maggiori profitti, nella logica dello sviluppo e del consumo. Le società tradizionali, e, nell’immaginario collettivo, i propri manager, sono tenute quindi a massimizzare il profitto come obiettivo primario e questo è il criterio dominante nei loro processi decisionali. Molti ora vedono questo come un ostacolo nella creazione di valore a lungo termine per tutti gli stakeholder, inclusi gli azionisti stessi. Questa forma di capitalismo ha però certamente alcuni punti di forza. Negli ultimi cinquant’anni circa, innegabilmente, il capitalismo ha avuto una responsabilità diretta nel far emergere quasi un miliardo di persone dalla povertà, nel rivoluzionare il sistema sanitario e le cure mediche e nella creazione di tecnologie digitali che hanno trasformato la vita delle persone di tutto il mondo. Ma il capitalismo moderno ha anche prodotto sperequazioni economiche, forti indebitamenti sia dei singoli, sia dei governi, la creazione di strumenti finanziari che non hanno alcun valore sociale e l’uso insostenibile di risorse fisiche e naturali destinate a esaurirsi. Eppure, tutte le alternative al capitalismo sperimentate finora si sono rivelate inadeguate”.

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Come tentare, dunque, di superare tutti questi ostacoli che generano diffidenza sia nelle aziende, sia nella comunità dei clienti e dei consumatori? La risposta è nella Storia, nelle teorie economiche di numerosi studiosi del passato e del presente, ma anche nel concreto spirito di iniziativa della classe imprenditoriale e di chi la compone, il cui contributo, accanto a quello della politica nazionale e internazionale, sarà fondamentale per restituire fiducia verso un sistema economico in lenta ripresa.

“È di Winston Churchill la celebre affermazione secondo cui “la democrazia è la forma di governo peggiore, escluse tutte le altre sperimentate finora”. Si potrebbe dire altrettanto del capitalismo, in particolare della forma di capitalismo attuata da vent’anni a questa parte. Questi anni di difficoltà e crisi hanno evidenziato che alla radice del problema c’era una perdita collettiva di una bussola morale. Troppe persone hanno anteposto l’interesse egoistico all’interesse generale. Tutto era volto ad “avere di più”, invece che a “vivere di più”, tutto era rivolto a concentrare anziché includere. E se troppe persone si sentono escluse dal sistema e non possono accedere ai vantaggi che questo offre, alla fine allora si ribelleranno, estraniandosi dal sistema stesso o facendo ricorso alla violenza. Il sistema capitalistico va corretto, non cancellato, e per correggere le lacune del capitalismo siamo chiamati, come categoria, a fare, a mio avviso, soprattutto due cose: la prima è adottare una prospettiva a lungo termine; la seconda è rivedere le priorità dell’imprenditoria. La visione a breve termine che caratterizza l’imprenditoria moderna è stata definita “capitalismo trimestrale” da Dominic Barton della McKinsey e “gestione orientata all’aspettativa” da Roger Martin nel suo libro “Fixing the Game”. E la visione a breve non prevede lo spazio necessario allo sviluppo di percorsi paralleli al core dell’impresa o a logiche di inclusione e sostenibilità”.

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Il nuovo modello di imprenditoria che, secondo Roberto Saliola, si preoccupa della sostenibilità, dell’inclusione e della cosiddetta etica del profitto è un sistema in grado di fare previsioni più a lungo termine possibile, che calino il complesso produttivo nella società e nelle sue esigenze, caratterizzate sia da una realtà economico sociale, sia dalla percezione che tutti gli operatori del mercato e i cittadini hanno della realtà stessa. In questo modello le aziende sono soggetti attivi che partecipano alla gestione corretta dell’ambiente, sia esso antropico o naturale, prestando attenzione alle risorse rinnovabili e alle loro potenzialità.

“Un nuovo modello di imprenditoria è un modello che si concentra sul lungo termine. Un modello che intende l’impresa come parte integrante della società, non come un’entità avulsa. Un modello in cui le aziende tentano di affrontare i grandi problemi sociali e ambientali che minacciano la stabilità sociale. Un modello in cui i bisogni dei cittadini e delle comunità pesano quanto le richieste degli azionisti. Ma anche la convinzione che a lungo termine, non c’è società e quindi nessun impatto, se non c’è profitto. Anche le priorità dell’imprenditoria vanno messe in discussione. Il valore delle quote azionarie non può essere il solo driver dell’impresa e massimizzare i profitti degli investitori non può più essere lo scopo principale dell’impresa. La grande sfida del XXI secolo sarà di garantire un buon tenore di vita a sette miliardi di persone senza depauperare le risorse della Terra o ricorrere a livelli incontenibili di indebitamento pubblico. Per raggiungere questo scopo, i governi così come le imprese dovranno trovare nuovi modelli di crescita che siano equilibrati, sia sul piano ambientale, sia sul piano economico. E per far questo serviranno anche nuovi livelli e nuovi modelli di leadership. L’imprenditoria e la classe manageriale devono decidere quale ruolo intendono svolgere. Siederanno in tribuna in attesa che i governi agiscano o entreranno in campo per affrontare le questioni? Essere un manager etico vuol dire riuscire a tenere insieme e far convivere al meglio la parte che genera ricchezza per l’impresa e quella che genera ricchezza per la società̀ in generale. La morale non è un limite, ma una carica creativa. Se continuiamo a consumare risorse cruciali come l’acqua, il cibo, la terra e l’energia senza pensare alla sostenibilità a lungo termine, allora nessuno di noi potrà prosperare. Se l’imprenditoria vuole riconquistare la fiducia della società, deve cominciare a intervenire sui grandi problemi sociali e ambientali che l’umanità si trova a fronteggiare, specialmente in un momento in cui i governi sembrano impigliati in cicli elettorali sempre più serrati e hanno difficoltà a interiorizzare le sfide globali in un mondo sempre più interdipendente e ad uscire “dall’economia trimestrale”. Il termine che usiamo di più per delineare questa tendenza è che stiamo distruggendo il nostro pianeta, ma c’è una precisazione da fare in merito: stiamo distruggendo noi stessi, l’uomo scomparirà, la Terra no, impiegherà forse centinaia di migliaia di anni, ma poi la Terra tornerà e rifiorirà. Senza più noi, però”.

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L’unico modo, quindi, per invertire questa tendenza all’autodistruzione, prima che sia troppo tardi, è la partecipazione attiva dell’impresa alla coniugazione tra le esigenze dell’ambiente, della società e dell’economia. In due parole: una sostenibilità consapevole e un’inclusione equa, non solo perché è utile e conveniente, ma anche perché è eticamente giusto per il bene di tutti, produttori e consumatori.

“‘L’impresa non può essere un mero spettatore nel sistema che le dà vita’. L’ambientalista Paul Hawken ritiene che se in questo momento c’è un deficit da affrontare, è un deficit di significato. E la necessità di un cosiddetto PIL+, di un parametro cioè più ampio per valutare il successo che non sia il semplice accumulo di ricchezza, è ormai entrato nelle discussioni politiche ed economiche e parzialmente anche nelle decisioni dei Governi. Per le imprese, impegnarsi attivamente non è solo la cosa giusta da fare da un punto di vista morale: è anche la congiunzione astrale perfetta, il punto cioè ideale di contatto tra agire etico, essere sostenibili e fare profitto”.

Maria Tringali

 

 

Manageritalia Roma: la Rappresentanza 4.0 secondo Roberto Saliola

Lo scorso 11 novembre si è tenuta, a Roma, la 90a Assemblea Nazionale di Manageritalia. I lavori si sono focalizzati sulla cosiddetta rappresentanza 4.0, ovvero su come dovrebbe evolvere il concetto di rappresentanza per rispondere alle nuove esigenze dei rappresentati, soprattutto in un momento di continui mutamenti dello scenario economico e sociale del nostro Paese. L’obiettivo di Manageritalia è, come sempre, quello di tutelare ancora più efficacemente la professionalità dei suoi associati per fare la differenza sul mercato del lavoro e supportare così uno sviluppo economico sempre più inclusivo e di valore per ogni categoria interessata e coinvolta. Sono proprio questi i concetti che ha espresso nel suo discorso agli associati Roberto Saliola, Presidente di Manageritalia Roma, facendo alcune riflessioni sui progetti futuri sia nel breve, sia nel lungo periodo, su come deve trasformarsi un’Associazione di rappresentanza sindacale per stare al passo con un mondo del lavoro sempre più dinamico e globalizzato.

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“Un’Associazione di rappresentanza moderna ed efficace deve porsi di fronte alla crisi della rappresentanza, alla perdita di rilevanza dei corpi intermedi e ai problemi del mondo produttivo attuale operando con una visione di prospettiva articolata su tre livelli,” ha spiegato Saliola. “Nel breve periodo, dovrà essere in grado di rispondere alle attese degli associati; nel medio periodo, dovrà giocare un ruolo coerente con lo scenario e con gli stakeholder; in prospettiva strategica, dovrà pensare a un mondo diverso da quello in cui oggi siamo, fatto di discontinuità e velocità nei cambiamenti”.

È proprio dall’analisi di questi continui mutamenti, afferma Roberto Saliola, che il concetto di rappresentanza può reinventarsi, partendo da radici solide, per raggiungere capillarmente ogni bisogno di tutti gli attori sul palcoscenico della società attuale.

“Nel processo costante di comprensione e interpretazione del contesto che cambia operato da Manageritalia,” ha raccontato Saliola, “gli associati potranno apprezzare al meglio il ritorno all’appartenenza associativa se l’associato stesso sarà messo al centro dell’attenzione, come individuo con proprie esigenze di tutela specifica, di assistenza nella risoluzione dei problemi, di informazione e formazione e, infine, di networking.

La battaglia per definire, comunicare e difendere i valori della managerialità ha caratterizzato l’attività di Manageritalia che si è sviluppata implementando le quattro dimensioni del nostro agire: dalla dimensione sindacale a quella associativa, da quella istituzionale e quella del movimento.

Queste direttrici di attività hanno generato un necessario ed indispensabile cambiamento culturale per costruire identità collettive e generare appartenenza sociale nella rappresentanza manageriale.

La nostra rappresentanza si distingue inoltre per la ricerca continua di particolare valore etico, per l’attenzione che prestiamo alla componente manageriale delle organizzazioni, all’ambiente che ci circonda e al suo consumo, al volontariato e alle forze vive e sane della società che lavorano perché si arrivi laddove, a volte, la macchina pubblica non arriva”.

rappresentanza

Dopo aver esaminato l’evoluzione devi valori più profondi che uniscono tutti gli associati Manageritalia, sia nella Capitale, sia a livello nazionale, Roberto Saliola ha raccontato a tutti i presenti all’Assemblea l’andamento dei progetti appena conclusi durante quest’anno e l’organizzazione dei nuovi progetti previsti per il prossimo.

“Come ricorderete avevamo deciso di indirizzare la raccolta fondi di quest’anno all’acquisto di un mezzo di trasporto idoneo per il Comune di Amatrice, così duramente colpito dal terremoto nel 2016.

Manageritalia è stata attiva nell’organizzare al meglio della raccolta e gestione dei fondi per il pick up donato ad Amatrice e, sempre con l’intento di aiutare la rinascita dei territori colpiti da terremoto, ha ottenuto dalla CIDA l’importante compito del coordinamento progettuale per ideare e realizzare un progetto di rilancio delle zone colpite dal terremoto in Umbria.

Il prospetto sta esaurendo la sua prima fase che ha visto associati di Manageritalia Roma e di Federmanager operare per fornire le basi organizzative e manageriali alle imprese del territorio umbro. In continuità con queste attività, un gruppo di laureati dell’Università di Perugia, affiancherà le aziende per implementare il progetto manageriale che i nostri associati hanno definito, con il duplice scopo di dare continuità all’operato dei nostri tutor e dare un’occasione e un’alternativa al dover abbandonare il proprio territorio ai giovani laureati.

Infine è partita la definizione di un contratto di rete tra Comune di Norcia, sede della maggior parte delle imprese oggetto del tutoraggio, aziende del territorio e aziende tutorate, per definire e promuovere un brand Norcia”.

mezzosoccorso
Il Mezzo di soccorso donato al Comune di Amatrice da Manageritalia Roma

Una sfida portata a compimento ma immediatamente foriera di nuovi bisogni e bisognosa di nuovo supporto, richiesta che una associazione di rappresentanza non può non cogliere e che sicuramente contribuisce a sviluppare per sua stessa missione sociale.

www.manageritalia.it

Maria Tringali

 

Roberto Saliola: Storia e Progetti di Manageritalia Roma

In seguito all’elezione del nuovo Consiglio Direttivo di Manageritalia Roma, avvenuta lo scorso 8 maggio, l’Associazione sta continuando a promuovere e a sostenere tutti i progetti e le iniziative previste dalle linee programmatiche approvate dal Consiglio, grazie all’impegno del Presidente Roberto Saliola. Da sempre punto di riferimento irrinunciabile a livello nazionale per la rappresentanza degli interessi collettivi, sociali, istituzionali, culturali, professionali e per l’assistenza attiva al management nostrano, tra le varie sezioni territoriali, Manageritalia Roma spicca per la profondità degli eventi proposti e per la dedizione e la completezza dei servizi di consulenza offerti agli iscritti, a beneficio delle loro professioni e delle loro famiglie. È lo stesso Roberto Saliola a raccontarci quali sono i programmi che il Consiglio Direttivo di Manageritalia Roma si impegnerà a favorire nei prossimi mesi.

Tutte le iniziative di Manageritalia ruotano attorno alla figura del Manager: come si configura il suo nuovo ruolo e quali sono gli obiettivi da perseguire per i Manager di oggi e di domani?

 

Il Manager deve agire sempre più tenendo un comportamento etico dichiarato e riconoscibile. Il nostro impegno sarà, quindi, indirizzato a creare quei presupposti atti a promuovere tutte le condizioni che possano sostenere e favorire l’identificazione del Manager:

  • come motore dell’innovazione e come punto di contatto tra piccole e medie imprese e centri dove si realizza l’innovazione, assicurando un proficuo transfer di competenze, esperienze e soft skills;
  • come strumento di sviluppo della società civile, donando agli altri parte di quello che la società ha concesso a lui;
  • come facilitatore nei processi della creazione d’impresa, portando la propria esperienza d’azienda, o agendo come venture capitalist, ad esempio realizzando una start up o investendo in essa, o realizzando spin off.

Il Manager dovrà essere in grado di trasmettere la logica della misurabilità del proprio operato, contaminando la managerialità pubblica con la cultura del risultato e dell’effetto che tale operato provoca.

Come si misura e come si comunica all’esterno il valore del lavoro di un Manager?

 

Manageritalia mira a promuovere un doveroso presupposto di eticità dell’operato del Manager, di misurabilità dello stesso e di impegno per la collettività. Questi sono gli elementi che contribuiranno a modificare e innovare l’immagine reale del dirigente, dipendente di elevata professionalità e responsabilità e non personaggio pubblico ospite delle pagine di gossip, ed esponente di una categoria professionale che non è la nostra.

La comunicazione corretta del “mestiere” di Manager, della nostra figura e dei nostri compiti potrà essere quell’elemento necessario per tentare di erodere il muro di diffidenza che ancora separa piccole e medie imprese e manager.

Come si inserisce Manageritalia nel racconto del ruolo del Manager nel mondo del lavoro di oggi, tra crisi e tentativi di riforma?

 

Altro punto caratterizzante il nostro impegno programmatico è proprio quello di essere un soggetto in grado di comunicare efficacemente l’importanza della managerialità nelle aziende che nascono o si sviluppano con la guida di un Manager. Siamo convinti, e i numeri e lo storytelling ci confortano in tal senso, che la presenza manageriale nelle imprese rivesta un ruolo fondamentale sia in termini di aumento delle performance, della crescita e della maturità delle piccole e medie imprese, sia in termini di crescita e sostenibilità del sistema paese.

Tra gli obiettivi programmatici di Manageritalia Roma c’è una profonda analisi dello scollamento tra la realtà attuale di molti contesti lavorativi e i cambiamenti che il futuro richiederà per superare questa crisi che sembra non finire mai. Che considerazioni si possono fare in merito?

 

Altro tema sul quale il Consiglio ha deciso di essere attivo fa proprio riferimento alla lenta transizione verso la società della conoscenza. Si registra ancora una difficoltà a operare in una società in cui i modelli di produzione post fordiani continuano a influenzare ancora la modalità di rappresentanza sociale. C’è poca attenzione ai modelli sostenibili di futuro che risiedono nelle persone, nella loro creatività, nel loro benessere, invece che nelle macchine e nel determinismo. A questo si aggiunga un lento adeguamento al cambiamento negli stili di vita professionale e personale e una difficoltà nel fornire risposte alla nuova domanda di tutele e di welfare e workfare.

I modelli perdenti si concentrano sul ripiegamento delle aziende su se stesse in nome della perfetta efficienza della performance, facendo aumentare diseguaglianze di genere, registrando crescita in maniera non omogenea di ricchezza e povertà, di inclusione ed esclusione, protezione e insicurezza.

Le nuove tecnologie impongono cicli produttivi sempre più brevi e profonde innovazioni di prodotto, di processo e di filiera, nei quali è fondamentale il ruolo del Manager, quale elemento di cerniera e di fluidificazione tra innovazione e business, tra risultati e qualità del lavoro, tra proprietà e lavoratori.

Nel periodo di crisi che abbiamo vissuto e stiamo tuttora vivendo, nel quale i corpi intermedi sono messi in discussione come ruolo e come utilità sociale, il ruolo dei dirigenti in azienda ha di fatto rappresentato il vero corpo intermedio, operando come efficace elemento di comunicazione tra proprietà e dipendenti e di traduzione ed interpretazione tra obiettivi e sostenibilità degli stessi. Questa operazione di facilitazione, mediazione e controllo tra obiettivi aziendali e sostenibilità degli stessi è alla base, accanto al presidio e supporto che il CCNL rappresenta, della sostanziale tenuta dei nostri associati in questi tempi.

La capillarità della presenza di Manageritalia su tutto il territorio nazionale è uno dei punti di forza dell’Associazione che ne evidenzia l’approccio sistemico al mondo del lavoro. Che novità ci saranno in questo senso per agevolare la crescita e lo sviluppo?

 

Abbiamo deciso di essere più presenti nelle nostre regioni (Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise e Sardegna), non investendo in presidi fisici, ma portando sul nostro territorio workshop e iniziative, anche in ciò supportati dal nostro centro di formazione, il CFMT. Riteniamo sia strategico, oltre che eticamente corretto, raggiungere gli associati con eventi nei territori di residenza.

Risulta, infatti, utile migliorare l’accreditamento e la legittimazione dell’Associazione, uscendo da una “dorata autoreferenzialità” e crescendo nelle comunità locali in termini di visibilità e autorevolezza.

Maria Tringali

www.manageritalia.it