“Conoscenza, apprendimento, cambiamento. La gestione dei programmi di knowledge e change management” di Gabriele Gabrielli

Scorrendo i precedenti contenuti presenti sulla nostra piattaforma, ricorderete di recensioni che parlano del fattore umano nel sistema aziendale, tanto dal punto di vista del leader e di chi voleva rendere le imprese degli ambienti familiari – pensiamo ad Olivetti – quanto di quello strettamente più legato ai più ampi discorsi delle risorse umane.

Oggi vi presenteremo il libro di Gabriele Gabrielli “Conoscenza, apprendimento, cambiamento. La gestione dei programmi di knowledge e change management” edito dalla FrancoAngeli.

Questo volume, completato dalla prefazione di Pier Luigi Celli, fa parte della collana PRL – Persone, Reti, Lavori, diretta dallo stesso Gabrielli e da Laura Borgogni e può essere paragonata ad un vero e proprio laboratorio di ricerca, di sperimentazione e di formazione nel quale, attraverso la sperimentazione, le riflessioni, le ipotesi e le ricerche operative, si vuole creare il pensiero manageriale moderno.

Questo libro si pone l’obiettivo di far capire che la conoscenza non è il mero obiettivo finale del manager e dell’impresa e che da sola a poco serve. Ciò che fa la differenza, come scrive Celli nella prefazione, è il sapere, cioè la capacità di unire le competenze multiple e multidisciplinari che si accumulano e che vanno unite in modo sistemico con la nostra conoscenza ed esperienza, differente da individuo ad individuo. Integrando correttamente tutti questi fattori e predisponendosi mentalmente al fatto che la conoscenza non ha nulla di rituale e standardizzato, ci si renderà conto che diventerà un vero e proprio stile di vita, integrando coerentemente passione e intelligenza.

Partendo dalla considerazione necessaria che viviamo in una epoca di grandi cambiamenti, a volte molto repentini, e che spesso questi processi di cambiamento vanno a toccare non solo gli ambiti professionali ma anche quelli emotivi ed umani, il volume, mette nero su bianco le logiche e gli strumenti che guidano e supportano i programmi di  knowledge e change management. 

La loro conoscenza profonda e sistemica e la capacità di reazione ad essi, punta al non mettere da parte gli interessi e le ragioni che coinvolgono gli individui, per aiutare significativamente coloro i quali hanno sulle proprie spalle responsabilità manageriali.

Così, se nella prima parte del libro vengono affrontati il tema della conoscenza e quello del cambiamento da un punto di vista strettamente teorico, grazie al contributo di numerosi ed autorevoli professionisti e studiosi, nella seconda parte sono narrate le storie di alcune delle più grandi imprese internazionali ed italiane  – PosteItaliane, Finmeccanica, Colgate-Palmolive, SwissRe – che hanno incentrato le loro azioni manageriali proprio sull’assioma  knowledge e change management.

Quello che emerge è che la conoscenza, ricchezza inesauribile, necessariamente deve essere associata alla responsabilità prima etica e poi economica del manager nel creare una condizione organizzativa e sociale tale per cui nessun sia escluso, auspicando la massima partecipazione di tutti al processo aziendale. Perché?

Perché in un momento storico in cui tutto subisce una trasformazione che si incunea in ogni interstizio sociale, riuscendo a modificare la capacità di scelta, di pensiero, degli atteggiamenti, delle pratiche, dei comportamenti sociali e lavorativi, la tecnologia prende il sopravvento come longa manus del controllo, gli individui sono sempre meno considerati – creando una vera e propria stress economy parallela – e le aziende spostano il focus delle loro azioni strategiche e organizzative  più all’esterno che all’interno, quando dovrebbero fare al contrario.

Infatti, primariamente un manager dovrebbe essere a conoscenza –knowledgedi tutte le competenze, risorse e capacità di cui dispone, trasformandole nel vantaggio competitivo della propria azienda. Le specializzazioni, le innovazioni, le efficienze  sono, innegabilmente, i fattori fondamentali che cerano il successo di una impresa e fanno la differenza tra il successo e il fallimento dell’organizzazione.

Il secondo aspetto è invece legato alla capacità di saper “cambiare pelle”-change management– insieme agli altri e mai da soli, sapendo guardare alla realtà che cambia, non dimenticandosi del fattore umano che si ha tra le mani e delle dinamiche di gruppo che convivono nelle realtà aziendali, perché gestire il cambiamento, non significa seguire una scaletta prefissata, ma è piuttosto la capacità di essere “fermamente elastici”, sapendo costruire il futuro dal proprio passato ed essendo competenti nella comunicazione e nello sviluppo di un sentimento nuovo legato all’azienda che cambia, aiutando le persone a sentirsi all’altezza del cambiamento.

I processi di  knowledge e change management analizzati in questo libro, sia dal punto di vista teorico che da quello tecnico-pratico, ci permettono dunque di fare alcune considerazioni.

Knowledge e change management:

 

  • devono andare di pari passo con la formazione e la comunicazione che dovranno essere sempre più intersecate tra loro per dare vita a progetti comuni;
  • dovranno (ri)creare l’equilibrio e la compatibilità tra il vecchio e il nuovo, perché il raggiungimento dei risultati organizzativi è strettamente legato all’attività congiunta delle persone e alle sinergie di funzioni, scopi e competenze presenti nell’azienda;
  • devono essere progettuali ed intenzionali, fortemente strutturati, formalizzati e calati nella realtà organizzativa obiettivo del cambiamento stesso perché siano compresi appieno e portati avanti in modo unitario;
  • non devono mai dimenticare la crescente importanza della ridefinizione delle politiche di sviluppo del settore HR.

Insomma, se pensavate che fare il manager significasse stare comodamente seduti ad una scrivania direzionale sulla quale poter anche poggiare i piedi e “dirigere il traffico” della vostra azienda, avete sbagliato mestiere.

Francesca Tesoro