“Esercizi di Fantasia” di Gianni Rodari

 

Primavera del 1979, precisamente 23 marzo, Centro Sociale di Arezzo.

Gianni Rodari incontra alcuni alunni di quinta elementare e prima media per parlare con loro, vivere a pieno la loro fantasia stimolandola attraverso il dialogo e dare vita a quello che sarebbe stato un capitolo del futuro libro Esercizi di fantasia.

Poco dopo, però, il famoso scrittore  morì e il suo divertente lavoro si credeva perduto.

Grazie alla Editori Riuniti invece, prima nel 1981 e poi nel marzo 2006 è stato pubblicato, con la prefazione di Tullio De Mauro e a cura di Filippo Nibbi, il libro Esercizi di Fantasia” di Gianni Rodari.

Questo volume non è un classico libro, ma la memoria trascritta su carta di alcuni eventi che si dimostrano profondamente attuali.

Subito dopo la prefazione di Tullio De Mauro, è Filippo Nibbi che ci spiega il perché di questo libro, raccontando il lascito dell’insegnamento di Rodari. Troviamo poi i veri e propri  Esercizi di fantasia, che riportano i dialoghi divertenti e divertiti avvenuti durante l’incontro del 23 marzo al Centro Sociale di Arezzo. Seguono infine la materializzazione di quanto imparato dagli insegnati in quell’occasione con una esperienza condotta dall’insegnante Giuliana Signorini e la trascrizione di due conferenze tenute dallo stesso Rodari nel febbraio 1979 e nel gennaio 1980.

Il lettore che si affianca a questo volume si immerge in un brillante salto indietro nel tempo e, scorrendo le pagine, vive l’incontro, riuscendo a comprendere e a seguire la nascita e la elaborazione che sorge e si sviluppa nelle parole che rimbalzano tra Rodari e i bambini allora presenti.

In quella che fu una costruzione collettiva si alterna la creazione poetica e dinamica con l’ispirazione, la scoperta, la decisione e la scelta che i ragazzi pongono in essere con lo stesso Rodari, liberi di librarsi nei meandri della fantasia.

Attraverso giochi linguistici, le parole scritte su foglietti di carta diventano velocemente, con l’aiuto dei bambini stessi, filastrocche o storielle assurde e surreali, ma vere, come solo un bambino può essere.

Ciò che fece Gianni Rodari altro non fu che lavorare con i ragazzi, come ogni animatore-educatore dovrebbe (saper) fare, cedendo ai bambini il centro della scena, preoccupandosi di assecondarli e guidarli in questi esercizi di fantasia.

Tutto quanto riportato in questo libro è una traduzione magistrale di momenti ed immagini dinamiche e materiali, che hanno reso quel momento di condivisione un momento di vita e non un semplice evento scolastico.

Il  modus operandi di Rodari, secondo la maestra Graziani presente all’incontro, era un ottimo strumento per sviluppare le capacità logiche dei bambini, per creare il gruppo, facendo socializzare gli alunni, rendendoli una unità stabile e non una semplice attività volta alla creazione di storie.

Questo strumento di interazione tra e con i ragazzi, poteva essere facilmente riadattato al modo di fare scuola ed effettivamente, come lo stesso Nibbi racconta nelle pagine successive, quello che gli insegnanti impararono durante quell’incontro, divenne un progetto didattico.

Nibbi scrive infatti che, una volta tornati a scuola e raccolte le impressioni degli alunni rimasti molto entusiasti dalla capacità di Rodari di travalicare lo stereotipo e gli schemi del classico insegnante, quella modalità operativa fu tradotta in un progetto didattico di scuola media, prevedendo una esperienza sistematica, articolata e specifica.

Questa intuizione divenne allora lo strumento di un fare scuola in modo diverso, nuovo e coinvolgente che riuscì ad abbattere le difficoltà dei singoli alunni, diventando un motivo di inclusione di tutti e di collaborazione tra le varie materie.

Si passò dai semplici giochi letterali alla creazione di un vero e proprio sistema che riusciva a compenetrare la logica e l’intuizione, l’apprendimento e l’espressione, la partecipazione materiale e quella fantastica, animando ed aumentando la crescita culturale dei ragazzi.

In tutto questo processo, l’immaginazione aveva stimolato l’educazione, riuscendo a rendere parte attiva anche gli alunni svogliati e i ragazzi con particolari difficoltà.

Insomma, Gianni Rodari aveva giocato con i ragazzi e suggerito ai docenti presenti un modo nuovo di insegnare. Gli stessi docenti si fecero partecipanti di quel “gioco” e riportarono nelle loro aule quello che avevano appreso.

A dir la verità l’incontro avrebbe dovuto avere un seguito, molto atteso tanto dagli alunni quanto dai professori, che però non ci fu a causa della morte dello scrittore.

Quando i ragazzi che avevano vissuto quell’esperienza, furono invitati dalla maestra Giuliana a mettere per iscritto la loro memoria sull’autore scomparso, ne uscirono delle frasi bellissime.

Frasi che, anche se scritte da ragazzi ormai in seconda media, rappresentavano pienamente quello che Rodari aveva in testa: i bambini al centro di tutto, l’importante uso della fantasia, la bellezza e l’importanza dell’essere felici.

“Rodari da ogni parola sapeva ricavare una vera e simpatica storia… con lui i ragazzi erano come degli autori”.

“Fu una grandissima conoscenza per noi, quella mattina, perchè lui ci insegnò ad esprimerci con tanta fantasia”.

“Diceva che la scuola è meglio farla ridendo che piangendo”.

Nonostante tutto quanto scritto sia avvenuto negli anni ottanta che sembrano così lontani da noi, leggendo questo libro ci si accorge, paradossalmente, di quanto sia attuale ciò che disse Gianni Rodari nella conferenza tenutasi a Bari nel gennaio 1980, riportata nel volume al capitolo: “Quello che i bambini insegnano ai grandi”.

I bambini secondo Gianni Rodari hanno la capacità di mettere in movimento la loro realtà, la loro esperienza e le loro idee giocando con la fantasia, perché il bambino è un giocatore ed è abituato a fare tutto attraverso il gioco.

Il bambino è una personalità completa ed aperta in tutte le direzioni prima che la sua socializzazione e la sua educazione lo adattino alla società in cui cresce, puntando solo sulle qualità che servono  a questo adattamento, rendendo disagiato quello che invece non accetta che il mondo lo voglia solo per una sua parte e non per tutto quello che può essere.

L’espressione della personalità è un corollario basilare per essere dei bambini felici e degli adulti migliori, evitando di diventare infelici quando siamo costretti ad impegnare solo una parte di noi stessi, dovendo “nascondere” il nostro io completo di fronte ad una società che non ci accetterebbe nella nostra completezza.

È questo senza dubbio l’insegnamento più bello lasciato da Gianni Rodari, anche e soprattutto grazie a questo libro, che ci permette di aprire un nuovo filone dedicato al mondo della scuola, insegnandoci come l’approccio sistemico non sia una cosa adatta e adattabile solo al mondo aziendale, ma anche al mondo dell’educazione.

Francesca Tesoro