“Il mondo che nasce” di Adriano Olivetti

Adriano Olivetti è stato uno dei cardini della storia italiana del secondo dopoguerra. Il suo eclettismo lo ha avvicinato all’urbanistica, alla psicologia, alla sociologia e alla cultura nelle sue diverse forme. La sua “fabbrica di mattoni rossi”, che nasce come microcosmo, diventa parte di un progetto più ampio, la Comunità, e in seguito di una visione profetica che arriva a coinvolgere il concetto universale di civiltà. Tale visione emerge da una lettura d’insieme di alcuni scritti dell’imprenditore di Ivrea raccolti nel volume Il mondo che nasce”, Edizioni di Comunità, a cura di Alberto Saibene.

La base costitutiva della civiltà, secondo Olivetti, è formata dalle quattro forze essenziali dello spirito: Verità, Giustizia, Bellezza e Amore. L’assenza anche di uno solo di questi quattro elementi determina la mancata esistenza della civiltà. Questa concezione olivettiana, epurata dalla componente religiosa legata alla volontà di affermazione della civiltà cristiana e contestualizzata nella realtà attuale, potrebbe, e forse dovrebbe, essere considerata come un insieme di valori a cui fare riferimento.
Olivetti scrive:

“Nessuno rinuncerebbe alla nuova civiltà, a quest’epoca del cemento armato, dei motori, degli antibiotici, della radio e della televisione. Nessuno tornerebbe indietro, non dico di secoli, ma nemmeno di cinquant’anni. Mancava la luce elettrica, le malattie infettive mietevano le giovani vite […] insomma la condizione umana era estremamente più dura di oggi. E il mondo va verso giorni più radiosi e più felici, ma a una sola condizione: che le immense forze materiali messe oggi a disposizione dell’uomo siano rivolte a finalità, a mete spirituali. Altrimenti la potenza degli atomi, anziché costruire la nuova civiltà, potrebbe con i suoi missili radiocomandati e le sue bombe all’idrogeno distruggerla per sempre.”

L’imprenditore aveva capito che la società si stava dirigendo verso la supremazia della logica meccanica e verso la progressiva distruzione dei valori umani, perciò aveva cercato di ricostruire le basi della civiltà partendo dalla sua fabbrica che avrebbe funzionato da modello per la creazione della Comunità, secondo un progetto illustrato puntualmente all’interno di questo libro.

Nel pensiero olivettiano la Comunità oppone la cultura, il rispetto e la giustizia alla logica del profitto.

Leggendo questo libro e pensando al mondo di oggi, ognuno di noi può comprendere quanto suonino profetiche le parole di Olivetti. In una società in cui le aziende faticano a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, che rende troppo rapidamente obsoleta ogni innovazione, dove la competizione spinge all’esasperazione, l’uomo sembra aver dimenticato gli “impulsi spirituali” di cui parla l’imprenditore di Ivrea.

La civiltà deve essere ricostruita e la logica del massimo profitto dovrebbe essere quantomeno affiancata dal buon senso che riconduca verso una società “a misura d’uomo”.

Il punto di vista olivettiano, sviluppato nel secondo dopoguerra, può essere ancora applicato alla situazione attuale. Questo significa che l’evoluzione letta dall’imprenditore è progredita ma il baratro non è stato ancora raggiunto, dunque:

“La civiltà occidentale si trova oggi, nel mezzo di un lungo e profondo travaglio, alla sua scelta definitiva.”

Cecilia Musulin

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