“Tutta la vita davanti” oggi: la Giungla dei call center dieci anni dopo

locandinaSono trascorsi ormai dieci anni dall’uscita di “Tutta la vita davanti”, il geniale e irriverente film di Paolo Virzì liberamente tratto dal libro “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia (recentemente ripubblicato da Einaudi), nato dall’esperienza di un blog in cui l’autrice raccontava le sue disavventure come dipendente di un call center.

La pellicola, che riunisce un cast di stelle nostrane, come Massimo Ghini, Sabrina Ferilli, Micaela Ramazzotti, Isabella Ragonese, Elio Germano e molti altri, racconta la storia di Marta, studentessa fuori sede neolaureata in filosofia con lode e tanto di bacio accademico che, nell’attesa di ottenere un posto come ricercatrice, si mette alla ricerca di un lavoro che le permetta di mantenersi. Grazie al rocambolesco incontro con Sonia, una coetanea ragazza madre che le chiede aiuto per badare alla figlioletta Lara, Marta inizia a lavorare alla Multiple, un’azienda che commercializza un inutile elettrodomestico servendosi di un call center di ragazze giovanissime che procaccia clienti con ogni mezzo. È così che comincia per Marta, abituata a dedicarsi a ragionamenti filosofici ben più elevati, una discesa negli inferi del telemarketing più becero, a tratti divertente, a tratti grottesco.

call center

Il bizzarro elenco di maccheroniche tecniche motivazionali della Multiple è lungo: dalla canzone che dà la carica prima dell’inizio del turno, ai messaggini d’incoraggiamento sui cellulari da parte dei capi, fino ai gadget regalati all’impiegato del mese e al pubblico ludibrio nei confronti di chi ha venduto di meno, Marta si ritrova, suo malgrado, a primeggiare entrando nelle grazie di Daniela, la responsabile del personale, e di Claudio, il capo dell’azienda. Marta continua a lavorare mantenendo un certo distacco, sicura che, prima o poi troverà qualcosa di meglio, ma il mobbing e la violenza psicologica, e non solo, ai quali assiste ogni giorno sul luogo di lavoro, totalmente privo di garanzie sul piano sindacale, la porta a sfogare i suoi dubbi etici con Giorgio, un rampante sindacalista che approfitta delle confidenze di Marta. E, mentre in una Multiple ormai allo sbando, si scatena la caccia alla spia, l’esperienza di Marta si avvia verso un epilogo che ci lascia con un amaro sorriso di speranza sul volto.

ragonese

Il fatto che questo film sia sostanzialmente tratto da una storia vera ci fa facilmente comprendere come molti degli episodi raccontati, che avvengono all’interno della Multiple, siano forse più che liberamente ispirati alla realtà e rispecchino parecchi veri contesti lavorativi del settore.

Ma cosa è cambiato davvero oggi, rispetto a dieci anni fa nel mondo dei call center? O forse sarebbe più corretto chiedersi: è cambiato qualcosa dal 2008 a oggi? Come si percepisce il telemarketing e il mestiere di operatore di call center dal punto di vista di dipendenti e di consumatori?

ferilli ramazzotti

A giudicare dalle notizie di cronaca delle ultime settimane, la situazione non sembra molto cambiata. Numerose notizie di poche settimane fa danno testimonianza, soprattutto nel sud Italia, di telefonisti pagati pochi centesimi l’ora con contratti decisamente precari e costretti a turni massacranti, senza pause neppure per i più banali bisogni. Nonostante le vertenze, gli esposti e l’attenzione dei media, nulla sembra cambiare concretamente, soprattutto ora che alla forza lavoro dei call center nostrani si è aggiunta la “concorrenza” degli operatori, outbound o inbound, che chiamano o rispondono anche dall’estero.

“Tutta la vita davanti”, dunque, resta, ancora oggi, un film attualissimo nella spietata analisi di un sistema che ha subito l’evoluzione del progresso, ma che, di fatto, è rimasto brutalmente indietro rispetto all’attenzione verso il lavoratore e il cliente.

telefono

Lasciando da parte i numerosi casi raccontati dalla cronaca in questi anni, in cui le tecniche di vendita sono perfino sfociate in reati penali ai danni dei consumatori, il modo di percepire questo mestiere da parte della società è ormai tristemente avvezzo al precariato generalizzato che attanaglia ogni settore. Prima il libro e poi il film del 2008 hanno avuto il pregio si squarciare il velo su una realtà all’epoca sconosciuta ai più, scuotendo le coscienze, ma purtroppo, all’atto pratico, la situazione di oggi sembra essere talmente più drammatica della peggiore fantasia, da non stupire quasi più, neppure quando diventa cronaca. Questo senso di assuefazione dell’opinione pubblica è, senza dubbio, dovuto ai dieci anni intercorsi di crisi economica che ancora ci serra, alla disoccupazione altalenante e alla confusione politica anche a livello europeo. Le società e i titolari fantasma, i contratti precari, i centralinisti in nero e gli stipendi eccessivamente bassi sono i nodi scomodi che hanno sempre portato alla ribalta della cronaca i call center dal punto di vista del mondo del lavoro, ma neppure questi riflettori sembrano riuscire a cambiare le cose ancora oggi.

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A ciò si aggiunge la crescente diffidenza dei consumatori contattati o l’insoddisfazione di quelli che si rivolgono ai call center per richiedere informazioni o risolvere problemi, a causa delle attese o della poca preparazione degli addetti, non propensi a formarsi, né a preoccuparsi dei loro risultati, viste le loro condizioni di lavoro. Di sicuro, per non fare confusione, è necessario distinguere tra i call center adibiti alla vendita e le help line che rispondono alle chiamate degli utenti. Concentrandoci sul telemarketing, l’aggressività delle tecniche di vendita e la poca trasparenza sono le piaghe che i consumatori percepiscono e lamentano quotidianamente. Inoltre, ascoltando le testimonianze dei lavoratori, costretti a condizioni di lavoro ai limiti della dignità, che neppure dieci anni di inchieste e proteste sono riuscite a migliorare, si comprende come siamo ancora ben lontani da una vera evoluzione in questo settore.

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Chissà se, prima o poi, proprio come nel mito della caverna di Platone, che Marta racconta alla piccola Lara per addormentarla, prima o poi le aziende, insieme ai lavoratori e ai consumatori stessi, spezzeranno le reciproche catene e riusciranno a uscire dal buio e dalle ombre che ancora circondano le dinamiche di lavoro dei call center, capendo che anche nel telemarketing può e deve esserci un’etica, sia per chi lo fa, sia per chi lo subisce.

Alessandra Rinaldi