L’arte della felicità: una pillola di speranza per tutti noi

 

Napoli, Sergio è un uomo di mezza età che fa il tassista e, nelle giornate piovose che si susseguono, incontra personaggi di ogni tipo, ognuno dei quali gli racconta la propria storia e il proprio punto di vista sulla vita. Tutti eccessivamente disparati, tutti allo stesso modo dispersi nelle loro vite infelici. Il sottofondo alle sue corse è una trasmissione radiofonica dal nome anacronistico “L’arte della felicità” che spinge le persone a interrogarsi sul reale valore di questo senimento sempre più messo da parte. E tra un cliente sbruffone rispetto la vita e una donna distratta che lo colpirà nell’anima, i frammenti del passato vissuti con il fratello che ha seguito la propria idea di felicità, Sergio si rende sempre più conto che lui quel lavoro non lo vuole proprio fare e che non lo rende felice. Ma alla fine, anche sulla sua vita e sulla splendida città, torna a splendere il sole.

“L’arte della felicità” è un lungometraggio d’animazione per adulti di Alessandro Rak e Luciano Stella, uscito nelle sale nel 2013 e distribuito da Cinecittà Luce. Ha ottenuto una candidatura ai Nastri d’Argento e una ai David di Donatello, vincendo il premio migliore opera prima al Raindance Film Festival di Londra e la Animation Section dell’International Film Festival of India, il premio per Miglior Film italiano a Venezia 70 e il premio FEDIC.
É un sorprendente fumetto, prodotto dalla Mad Entertainment – una giovane factory napoletana dove convergono esperienze e competenze professionali diversissime – che ha confezionato un film di animazione delicato e sincero su quello che, seppur in modo differente, stiamo vivendo in questo periodo.
Sergio, che quotidianamente peregrina fisicamente nella sua città, vive metaforicamente un viaggio parallelo alla ricerca della propria personale felicità, in perenne conflitto con le scelte che ha fatto nel passato. Nonostante il rancore che trasuda e impregna il suo vecchio taxi, i frammenti delle conversazioni avute con i propri passeggeri e i flash back del suo passato, diventano un altissimo spirito di speranza per Sergio, che deciderà di rimettere in discussione sé stesso e le sue scelte.


Un film-cartone, dal disegno asciutto e con scene che sanno di preapocalittico, può diventare in questo periodo di estrema incertezza, una buona e sostanziosa pillola di speranza.
Quasi come Sergio, anche noi che proprio in questo ultimo periodo ci ritroviamo a dover necessariamente elaborare ciò che ci succede intorno, facciamo quasi fatica a scoprire dove si annidi la speranza che al momento sembra nascosta.
Speranza potrebbe essere la parola chiave di questo lungometraggio, speranza di vedere finalmente un raggio di sole che esca dallo schermo e ci colpisca, ricordandoci che mai tutto è perduto e che si può sempre tornare indietro, riacciuffando le occasioni che crediamo perdute e i treni ormai passati.
Sergio, è un po’ come tutti noi, incastrato in qualcosa che lo fa vagare senza meta rimpiangendo ciò che non ha più, distraendolo da quello che invece gli accade di bello e sorprendente.

Oggi più che mai, “la gente ha perso la speranza ed è rassegnata, come se il mondo non gli appartenesse e neanche il futuro” anche perchè abbiamo perso la capacità di comprendere che “il problema dell’infelicità è che non ha ragioni, non ha motivi. Non ha proprio niente da dire l’infelicità”.
Oltretutto, “finché i musicisti non scendono dai taxi, finché i poeti servono ai tavoli, finché gli uomini migliori lavorano al soldo di quelli peggiori…la strada corre dritta verso l’apocalisse” ed è esattamente per questo che ognuno di noi, nel suo piccolo, dovrebbe armarsi di quel poco di coraggio che potrebbe stare in una tasca e poter vivere felice. Perchè si può essere felici anche quando non si può prevedere alcun futuro e c’è sempre una seconda occasione, per tutti.
Oggi più che mai.

Francesca Tesoro